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Secondo un’indagine del Servizio centrale dello Sprar, al termine dei progetti locali del Sistema di protezione il 70% dei beneficiari ha ottenuto lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria. Nella fascia d’età dell’istruzione obbligatoria sono iscritti a scuola il 62% dei loro figli. Ma solo il 37% dei beneficiari “in uscita” ha una casa e solo il 27% un lavoro.

Lo Sprar e i suoi ospiti: foto di gruppo al momento del congedo. L’ha “scattata” l’indagine Cosa succede dopo l’accoglienza?, realizzata dal Servizio centrale del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati su 1.668 beneficiari usciti dall’accoglienza Sprar nel 2011.

Status & scuola

Entrati nello Sprar perlopiù come richiedenti asilo, al termine del progetto di accoglienza la maggior parte dei beneficiari ha ottenuto uno status di protezione internazionale (il 29% quello di rifugiato e il 40% la protezione sussidiaria), anche se, come purtroppo è ben noto, questo riconoscimento «non comporta necessariamente una via diretta all’autonomia socio-economica».

Comunque, al di là dell’indagine, la curatrice Federica Fioretti sottolinea come negli anni la quota dei beneficiari Sprar con esiti positivi al riconoscimento di status sia stata molto più elevata della media nazionale. «Sicuramente, con l’accoglienza Sprar non si verifica il fenomeno dei richiedenti non reperibili alle audizioni delle Commissioni territoriali»: 2.339 richiedenti nel solo 2011 secondo i dati della Commissione nazionale, il 9% di tutti i richiedenti…

Un altro indicatore sono le iscrizioni scolastiche nelle famiglie con figli. «Si è registrato un ottimo risultato nelle iscrizioni alla scuola dell’obbligo», perché nella fascia d’età 6-16 anni le iscrizioni riguardano il 62% dei minori. «Meno positivo, ma comunque incoraggiante, il risultato nella fascia d’età prescolare dove poco meno della metà dei minori dai 3 ai 5 anni ha frequentato la scuola d’infanzia e circa un quarto dei bambini con meno di tre anni l’asilo nido»; ma anche qui «il dato è positivo se si considerano le pratiche scolastiche nei Paesi d’origine dei genitori».

Casa & lavoro

Per quanto riguarda l’integrazione socio-economica, solo il 37% dei beneficiari ha trovato casa e il 27% un lavoro. Per giunta, anche a motivo della crisi (in particolare i “tagli” fra gli occupati nelle industrie del Nord e «l’ulteriore abbassamento» della qualità dei posti di lavoro lasciati ai migranti) i posti di lavoro conquistati sono «per lo più di basso profilo, e spesso con orari ridotti a tal punto da non consentire, in alcuni casi, la possibilità di sostenere tutte le spese per un’abitazione». Paradossalmente «è meno difficile la situazione delle donne, grazie alla domanda crescente nell’ambito dei lavori domestici o di cura agli anziani e ai bambini», anche se questa offerta favorisce soltanto le donne non coniugate.

Infine, secondo Fioretti, è frutto di un buon lavoro di rete e di radicamento territoriale l’alta percentuale di beneficiari singoli e di famiglie che, alla fine dell’accoglienza nei progetti del Sistema di protezione, decidono di continuare a vivere nella zona dove hanno usufruito di questi servizi: il 77%. Invece i beneficiari che scelgono di spostarsi seguono in particolare la direttrice Sud-Nord, cioè dalle regioni meridionali verso il Nord e il Centro Italia, con grande attrazione delle metropoli di Roma e Milano, dove le comunità immigrate sono più numerose.

Un risultato non garantito

Conclude Fioretti: «Aver avuto l’opportunità di poter usufruire di un progetto di accoglienza non garantisce, come è stato verificato dall’indagine, un’autonomia socio-economica nel momento in cui si esce dallo Sprar. È quindi necessario che vi sia un principio di coerenza a guidare le politiche dell’accoglienza da un lato e quelle dei servizi sociali e territoriali dall’altro. In caso contrario si continuerà ad assistere a beneficiari costretti a rientrare in breve tempo nei circuiti dell’accoglienza a seguito del veloce depauperamento delle proprie risorse».

L’indagine Cosa succede dopo l’accoglienza? ha avuto come “universo di riferimento” tutti i beneficiari usciti dai progetti Sprar nel 2011, tranne quelli usciti per rimpatrio volontario, quelli che hanno scelto di trasferirsi all’estero, quelli usciti per allontanamento, quelli “diniegati” che non hanno presentato ricorso e quelli usciti dopo un periodo di accoglienza inferiore ai 30 giorni.

 

Allegati

L’indagine Cosa succede dopo l’accoglienza? (a cura di Federica Fioretti, dal quaderno Sprar Tessere l’inclusione. Territori, operatori, rifugiati, Sprar 2012; file .pdf 318 kbyte)

Un’altra recente indagine sull’integrazione dei rifugiati: Le strade dell’integrazione  (Cir 2012; file .pdf 3.060 kbyte)

Leggi anche su Vie di fuga

Progetti Sprar, chi entra e chi esce: numeri per un bilancio sociale

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