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Balcani, si chiude /2: ma da qualche parte passeranno…

«I flussi irregolari di migranti lungo la “rotta” dei Balcani occidentali si sono esauriti», hanno dichiarato i capi di Stato e di  governo dopo il summit UE-Turchia del 7 marzo. Ma intanto la chiusura della rotta pesa tutta sulla Grecia, e il diritto d’asilo è sempre più a rischio. Mentre l’ultimo “accordo” di Bruxelles con la Turchia, se realizzato, rischia di avere come unico risultato l’apertura di nuove e più pericolose rotte per chi fugge da violenze e da Stati falliti.

Foto_Amnesty_Int_2016

Foto Amnesty International 2016.

L’ultimo bilancio quotidiano della Winter operations Cell dell’UNHCR fotografa la situazione all’altroieri, 7 marzo, giorno del vertice UE-Turchia di Bruxelles: stima dei passaggi in Macedonia dal confine greco, poco più di 100 persone. Arrivi in Serbia, una quindicina persone. Passaggi dalla Serbia in Ungheria, 100 persone scarse. Dalla Serbia in Croazia zero persone, dalla Croazia in Slovenia zero persone, dalla Slovenia all’Austria 150 persone. Intanto, in Grecia si trovano qualcosa come 36 mila fra rifugiati e migranti, di cui 12 mila ammassati attorno al villaggio di confine di Idomeni, dove tra pioggia e fango è ormai crisi umanitaria.

La "rotta balcanica" (cliccare per ingrandire): in rosso i confini chiusi almeno parzialmente da barriere (fonte BBC su dati UNHCR, 2016).
La “rotta” dei Balcani occidentali: in rosso i confini “fortificati” almeno parzialmente da barriere (fonte BBC su dati UNHCR, 2016).

Ecco che cosa resta, oggi, della “rotta” dei Balcani occidentali dopo le chiusure e la costruzione di barriere sul confine fra Bulgaria e Turchia e sui confini fra Ungheria e Serbia e Ungheria e Croazia nel 2015. E dopo la decisione dell’Austria, appena tre settimane fa, di imporre un tetto ai passaggi di rifugiati e migranti (non più di 3.200 al giorno) e alle richieste d’asilo nel suo territorio (non più di 80 al giorno).

Questa decisione ha portato gli altri Paesi sulla rotta ad adottare una politica simile, lasciando così migliaia di persone bloccate sul confine greco senza servizi. E gettando ulteriori ombre sul rispetto del diritto d’asilo in Europa, come ha denunciato in questi giorni una nutrita coalizione di Ong impegnate nei Balcani occidentali, fra cui l’ECRE (European Council on Refugees and Exiles) e Save the Children: alle frontiere dei Balcani rifugiati e migranti sono respinti in base alle «situazioni di guerra» e ai «bisogni di protezione internazionale» valutati in base alla mera provenienza. Ma anche se dichiarano di essere in viaggio per riunirsi alle proprie famiglie in occidente, o se non hanno documenti di viaggio regolari.

Lo schema che pubblichiamo qui sotto riassume la situazione lungo tutta la rotta, sempre al 7 marzo (fonte UNHCR/Winter Cell, 8 marzo, se necessario ingrandire): i 12 mila di Idomeni ammassati nel fango ed esposti al maltempo; a Tabanovce, in Macedonia, campo sovraffollato; ai confini fra Serbia e Croazia e fra Croazia e Slovenia né arrivi né partenze…

Download (PDF, 283KB)

Vale la pena di confrontare questi dati con quelli, ad esempio, del 14 febbraio, alla vigilia del giro di vite austriaco, con 2.300 arrivi in Austria, 2.700 in Slovenia, 1.700 in Croazia, sempre in un solo giorno.

Intanto, fra gennaio e la fine di febbraio di quest’anno si stimano 1.800 persone respinte dall’Austria in Slovenia, 600 dalla Slovenia in Croazia, almeno 800 dalla Croazia in Serbia, almeno 600 dalla Serbia in Macedonia e almeno altrettante dalla Macedonia alla Grecia (fonte, i monitoraggi AcapsMapAction/UNHCR-Emergency response Mediterranean).

«I flussi irregolari di migranti lungo la rotta dei Balcani occidentali si sono esauriti», affermano tra l’altro i capi di Stato e di  governo dell’UE nella dichiarazione notturna che ha messo il sigillo al discusso incontro con il primo ministro turco Davutoğlu.

Se veramente sarà accordo con la Turchia sull’approccio “uno a uno” (un migrante rimandato ad Ankara, uno reinsediato in Europa), potrebbe essere evitato un ulteriore spostamento della rotta balcanica verso Ovest, attraverso l’Albania verso la Puglia (ma intanto, nei giorni scorsi il Paese delle Aquile ha schierato 450 agenti delle forze speciali di polizia ai varchi di confine con Macedonia e Grecia…).

L’ECRE comunque avverte, commentando duramente i risultati del summit UE-Turchia: «Concentrarsi ancora una volta sulla riduzione del numero delle persone in arrivo è un approccio vergognoso e miope, che avrà come unico risultato l’apertura di nuove e più pericolose rotte per chi fugge da violenze e da Stati falliti».

Allegato

L’ultimo bollettino della Winter operations Cell dell’UNHCR (8 marzo 2016, in inglese, file .pdf)

Collegamento

Vertice UE-Turchia del 7 marzo: le preoccupazioni dell’UNHCR

 

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