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Chiesa e accoglienza un anno dopo, tra apertura e “venti contrari”

La Fondazione Migrantes fa il punto su Chiesa e accoglienza in Italia a un anno dall’appello di papa Francesco perché le parrocchie, le comunità religiose, i monasteri e i santuari di tutta Europa accogliessero “una famiglia” di rifugiati. 

Richiedenti asilo_MIGRANTES_9_2016«Alla luce dei nuovi arrivi e di fronte a un’accoglienza istituzionale che ha raggiunto ormai le 150.000 persone (2,5 ogni mille abitanti), la speranza è che l’appello del Papa alimenti ancora nelle comunità cristiane l’esigenza di “gesti concreti” di accoglienza, nonostante un “vento contrario” alimentato da populismi e informazioni esasperate sul tema migranti e rifugiati che stanno investendo l’Europa, indebolendo la sua storia democratica e solidale».

Lo ha detto ieri mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes, ricordando l’appello con cui, il 6 settembre 2015, papa Francesco ha invitato le parrocchie, le comunità religiose, i monasteri e i santuari di tutta Europa ad accogliere una famiglia di profughi.

Da allora l’impegno della Chiesa in Italia, «grazie anche al Vademecum redatto dal Consiglio permanente della CEI e al magistero di numerosi vescovi italiani», come ha ricordato Perego, ha raggiunto almeno 30 mila richiedenti asilo e rifugiati accolti.

E’ un impegno che è andato oltre la collaborazione istituzionale con le Prefetture (nei CAS) e i Comuni (negli SPRAR) «per trovare forme nuove e familiari di accoglienza in parrocchia per oltre 5.000 richiedenti asilo e rifugiati, e in famiglia per almeno 500 adulti, grazie anche al progetto di Caritas Italiana “Rifugiato a casa mia”».

Ma si è registrato anche l’impegno di una sessantina di istituti religiosi femminili e di molti istituti maschili (fra gli altri i salesiani, padri bianchi, gesuiti, comboniani, scalabriniani, somaschi) «che hanno ripensato gli spazi delle loro case o hanno destinato strutture all’accoglienza con una particolare attenzione ai minori, alle donne sole con bambini, alle persone più fragili».

«In alcune realtà come la diocesi di Bergamo o di Cremona – aggiunge il direttore della Migrantes – in questo anno le accoglienze sono quasi raddoppiate; alcune parrocchie di periferia, a Como, come a Ventimiglia, stanno offrendo un “gesto concreto” di accoglienza ad almeno 500 persone sbarcate sulle coste italiane e oggi in cammino verso altri Paesi europei».

Quanto a Torino, «l’esperienza di questo anno ha visto capovolgersi il paradigma dell’accoglienza dei profughi – ha detto Sergio Durando, direttore della Migrantes di Torino -. Non più grandi numeri in poche strutture, bensì poche persone accolte dalle comunità (vedere qui sotto la Scheda in allegato). Si tratta di un’esperienza di prossimità, di conoscenza reciproca, di relazioni che nascono e crescono. Di integrazione. La speranza è che questa esperienza faticosa e importante possa essere solo l’inizio di un processo che incarni il Vangelo dell’accoglienza. Perché l’esperienza vissuta possa non concludersi con l’Anno della Misericordia, ma diventi un modus operandi».

Allegato

SCHEDA/ Chiesa e accoglienza 2015-2016, l’esperienza di Torino (Fondazione Migrantes, settembre 2016, file .doc)

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1 commento

  1. Io sono di Ploaghe, un piccolo paese in provincia di Sassari; in accordo con il parroco e insieme ad altre tre amiche, abbiamo accolto una famiglia del Ghana e tre ragazzi. Siamo rientrati nel progetto Rifugiato a casa mia, ma seguiamo anche altri ragazzi che stanno ancora nel.campo di Porto Pozzo (Santa Teresa di Gallura). È un’esperienza difficile, coinvolgente, ma bella e di.crescita umana, civile e di fede.


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