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Espulsioni “Dublino II”: sei richiedenti asilo e una sentenza

Sei migranti dall’Afghanistan, dall’Iran e dall’Algeria sbarcano in Inghilterra e in Irlanda dopo essere entrati in Grecia e dopo essere stati arrestati in territorio ellenico.  Le autorità inglesi e quelle irlandesi vorrebbero espellerli in Grecia. Ma i migranti hanno fatto ricorso, e la Corte di Giustizia dell’Ue ha dato loro ragione.

N. S., cittadino afgano, è arrivato nel Regno Unito passando tra l’altro per la Grecia, dove è stato fermato nel 2008. Le autorità elleniche lo hanno liberato quattro giorni dopo con l’ingiunzione di lasciare il territorio greco entro 30 giorni. N.S. non ha presentato domanda di asilo. Ha riferito che mentre cercava di lasciare la Grecia è stato arrestato dalla polizia e respinto in Turchia, dove è stato nuovamente detenuto per due mesi in condizioni inumane. Ha affermato di essere poi evaso, riuscendo a sbarcare in Inghilterra nel gennaio del 2009, presentandovi domanda di asilo. A luglio N.S. è stato informato che sarebbe stato trasferito in Grecia nel mese successivo, in applicazione al regolamento “Dublino II”. Ha però fatto ricorso contro la decisione, perché l’espulsione in Grecia avrebbe violato i suoi diritti fondamentali. Gli stessi giudici inglesi segnalano, infatti, che in Grecia le procedure di asilo presentano gravi carenze, le concessioni di asilo sono minime, i mezzi di ricorso insufficienti e di difficile accesso, e le condizioni d’accoglienza dei richiedenti asilo del tutto inadeguate.

Un’altra storia. Altri cinque migranti partiti dall’Afghanistan, dall’Iran e dall’Algeria passano per la Grecia. Anche loro vi sono arrestati per ingresso illegale, senza però chiedere asilo. Poi riescono a raggiungere l’Irlanda, presentando in questo Paese domanda di protezione. Nessuno di essi intende ritornare in Grecia: anche loro conoscono bene la situazione dei richiedenti asilo in questo Paese.

Lussemburgo: una seduta della Corte di giustizia (foto: Corte di Giustizia UE).

Sono le due vicende che stanno alla base della recente sentenza con la quale la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha stabilito che un richiedente asilo non può essere trasferito verso un altro Stato membro in cui rischia di subire trattamenti inumani (Lussemburgo, 21 dicembre 2011, cause riunite C-411/10 e C-493/10; fra i primi a diffondere la notizia in Italia, i servizi informativi di www.apiceuropa.com e www.migrantitorino.it). La Corte riconosce che “il sistema europeo comune d’asilo è stato concepito in un contesto che permette di supporre che l’insieme degli Stati partecipanti rispetti i diritti fondamentali e che gli Stati membri possano fidarsi reciprocamente a tale riguardo”. E tuttavia, “il diritto dell’Unione osta a una presunzione assoluta che lo Stato membro che il regolamento designa come competente rispetti i diritti fondamentali dell’Unione”.

La situazione della Grecia viene riassunta così dalla Corte di giustizia Ue: “Nel 2010, [il Paese] era il punto di ingresso nell’Unione del 90% circa dei migranti clandestini, di modo che su detto Stato grava un onere sproporzionato rispetto a quello sopportato dagli altri Stati membri e che le autorità greche sono materialmente incapaci di farvi fronte”.

Allegato:

La sintesi della sentenza (con i rimandi al testo integrale) (file .pdf 84 kbyte)

Vedi anche:

Tutto il  “dossier” di Vie di fuga sul regolamento Dublino II

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IL DIRITTO D’ASILO - REPORT 2020

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