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Resettlement: la Siria, l’Europa, il mondo. E cosa succede dove non lo si fa

Amnesty denuncia la povertà di impegno e di risorse che i Paesi dell’Ue riservano ai rifugiati della guerra di Siria. Gli impegni di resettlement arrivano allo 0,5% dei 2.300.000 rifugiati siriani oggi ospitati perlopiù nei Paesi confinanti. E misere condizioni di accoglienza, respingimenti e vittime si sono registrati e si registrano in Bulgaria, Grecia e Italia.

Rifugiati siriani nel campo di Harmanli, Bulgaria (foto: da Amnesty.org).

Sono poco più di 300 i chilometri che dividono l’inferno della Siria dall’Europa. Cioè la distanza che separa Damasco da Nicosia, la più vicina capitale dell’Unione europea.  Cioè, suppergiù, la distanza fra Milano e Firenze… Ma i «leader europei dovrebbero provare vergogna per il numero pietosamente basso di rifugiati siriani che sono pronti a reinsediare nel proprio territorio». Così Amnesty International, che in questi giorni ha fatto il punto sull’impegno dei Paesi Ue nel resettlement di rifugiati siriani.

Ad oggi il territorio dell’Ue si è impegnato, nel complesso, ad accogliere con la “formula” del reinsediamento poco più di 12.000 rifugiati tra i più vulnerabili fuggiti dalla guerra civile in Siria: lo 0,5% dei 2.300.000 siriani che sino ad oggi hanno trovato asilo precario perlopiù nei Paesi confinanti.

Più precisamente: dei 28 Paesi dell’Ue, si sono assunti qualche impegno solo in 10, e dall’elenco continua a mancare fra gli altri l’Italia.

Un solo Paese, la Germania, si è impegnato per l’accoglienza di 10.000 siriani, l’80% del totale promesso dal territorio dell’Unione. Dei restanti 2.340 posti, 500 costituiscono ad esempio l’impegno della Francia e 30 della Spagna.

Intanto sono decine di migliaia i siriani che hanno raggiunto l’Europa giocando la carta ordinaria del diritto d’asilo, a rischio della vita e, come documenta il nuovo rapporto di Amnesty An international failure: the Syrian refugees crisis,  dopo aver superato «le barricate della fortezza Europa».

Fra gennaio e ottobre 2013 ne sono sbarcati più di 10.000 sulle coste italiane (mentre nel solo mese di ottobre in tre naufragi si sono contati 650 morti di varie nazionalità). Ma il rapporto denuncia anche: «In due delle principali porte di accesso all’Ue, la Bulgaria e la Grecia, i rifugiati dalla Siria incontrano un trattamento deplorevole, compresi i respingimenti che li espongono al rischio di perdere la vita lungo le coste della Grecia, e periodi detentivi che durano settimane, in misere condizioni, in Bulgaria».

Resettlement: solo 25 i Paesi con un programma regolare

Secondo l’UNHCR Global Resettlement Statistical Report 2012, sono 25 i Paesi con programmi regolari di accoglienza di rifugiati in resettlement. Fra loro, i principali Paesi ricchi ma anche l’Argentina, il Brasile, l’Uruguay, il Portogallo e l’Irlanda.

Nel 2012, anno degli ultimi dati disponibili, l’Unhcr ha proposto per il reinsediamento circa 75.000 rifugiati (- 18% rispetto al 2011), accolti in prima accoglienza soprattutto in Malaysia, Nepal e Turchia e fuggiti soprattutto dal Mianmar, dall’Irak, dal Bhutan e dalla Somalia. Nello stesso anno, i rifugiati effettivamente partiti per essere accolti in resettlement nei Paesi ricchi sono stati 69.000 (+ 12% rispetto al 2011).

I tre maggiori Paesi di accoglienza sono stati gli Usa (circa 53.000), l’Australia (5.100) e il Canada (4.800).

Collegamento

 Ultima ora: Bulgaria? No, l’Italia. La denuncia del Tg2 su Lampedusa (da Il redattore sociale)

 

 

 

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IL DIRITTO D’ASILO - REPORT 2020

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