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Riconoscimento dei titoli di studio. Il caso dei rifugiati

Essere rifugiati comporta l’impossibilità di avvalersi del supporto delle istituzioni del proprio Paese d’origine. Essere riconosciuti titolari di titoli di studio in un Paese terzo comporta la produzione di una serie di documenti che solo le autorità locali competenti possono rilasciare. Come possono superare questa impasse i rifugiati?

Ogni paese europeo dispone di un centro nazionale d’informazione sul riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero. In Italia abbiamo il CIMEA (Centro Informazioni Mobilita Equivalenze Accademiche); esso svolge un ruolo informativo e consultivo per il riconoscimento dei titoli di studio esteri ma, a differenza di molti paesi nordici, non ha il potere di deliberare. Per questo e per altri motivi la situazione italiana non è delle migliori: le informazioni sul tema sono scarse e spesso contradditorie, la normativa e la prassi cambiano costantemente e questo comporta una differenza interpretativa da parte dei singoli enti. La mancanza di uno sportello unico aggrava una situazione già di per sé complessa. Quindi gli stranieri che risiedono in Italia e richiedono il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti nel Paese di orgine devono affrontare un lungo percorso che prevede la produzione di diversi documenti, gli oneri relativi (per esempio per traduzioni, pratiche, viaggi) e il conseguente carico psicologico sia che il riconoscimento vada o non vada a buon fine.

Più in generale riguardo al riconoscimento dei titoli di studio all’interno dell’Unione Europea, è la Convenzione di Lisbona dell’11 aprile 1997 (Convenzione sul riconoscimento dei titoli di studio relativi all’insegnamento superiore nella Regione Europea) il testo normativo di riferimento.

All’interno della Convenzione vi si trova una parte specifica sui rifugiati contenente norme di valore civile che regolano il riconoscimento dei titoli dichiarati dai rifugiati, dai profughi o da altre persone in possesso di statusgiuridici equivalenti o assimilabili. E’ qui previsto che “ogni Paese adotti tutti i provvedimenti possibili e ragionevoli per elaborare procedure atte a valutare equamente ed efficacemente se i rifugiati soddisfano i requisiti per l’accesso all’istruzione superiore, a studi più avanzati o all’esercizio di attività professionali regolamentate anche nei casi in cui i titoli di studio dichiarati non possono essere comprovati dai relativi documenti”. In altre parole nella Convenzione di Lisbona è stabilito che tutti i Paesi firmatari della convenzione di Ginevra sono obbligati a facilitare la prassi per tutti coloro che non possono reperire determinati documenti perché rifugiati.

In Italia a svolgere questo compito di facilitatore è l’Ufficio VII della DGSP (Direzione Generale per la Promozione Sistema Paese) del Ministero degli Affari Esteri. L’ufficio, dopo la ricezione di determinati documenti comprovanti lo status di protezione internazionale, provvede a richiedere la dichiarazione di valore (documento rilasciato dalle ambasciate italiane attestante il valore del titolo conseguito nel Paese di origine). La procedura di richiesta di rilascio della Dichiarazione di valore può essere attivata solo in presenza di un titolo di studio originale che l’Ufficio VII riceve e inoltra all’Ambasciata italiana nel paese d’origine del richiedente. L’Ambasciata verifica l’autenticità e il valore accademico del titolo e lo restituisce con la richiesta Dichiarazione di Valore. L’Ufficio VII a sua volta poi trasmette il materiale al richiedente. Questo intervento risolve parte della produzione di documenti da parte dell’interessato che comunque rimane nel mezzo di un lungo cammino.

Per approfondimenti:

Ministero degli Affari Esteri – DGSP (Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese) – Ufficio VII, piazzale della Farnesina 1, 00135 Roma. Telefono 06/36912760, mail pierpaolo.savio@esteri.it.

Cimea – Centro informazioni Mobilità Equivalenze Accademiche

Studiare e lavorare in Italia. Il riconoscimento dei titoli esteri

 

 

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