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Al confine fra Messico e USA

Nel 2006 il governo Bush approvò il Secure Fence Act che diede il via alla costruzione di quasi 1000 chilometri di muro tra Messico e Stati Uniti. Un controverso provvedimento che nel 2010 venne fermato da una decisione dell’amministrazione Obama, che ha interrotto l’edificazione di altri chilometri di barriera.

Il Mexican Wall noto anche come “muro della vergogna” è una barriera che corre lungo quasi mille dei tremila chilometri di confine fra gli Stati Uniti e il Messico. Cioè lungo l’immensa frontiera che si estende dalla California al Texas attraverso l’Arizona e il New Mexico. Diventata il luogo simbolo del capitalismo è attraversata ogni anno da circa 500mila clandestini provenienti soprattutto dal Messico ma in maniera sempre maggiore anche da cittadini provenienti dagli altri Paesi del Centro America.

La frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti è una frontiera di morte. Come la frontiera fra il Nordafrica e l’Europa con la differenza che il mare è sostituito dal deserto. Secondo stime ufficiose, il numero di vittime lungo il confine si aggira oggi intorno alle 500 all’anno. Ufficiale invece la cifra riferita ai sette anni del periodo 1998-2004: 1.954 morti. Altre cifre che spiegano bene l’impatto del muro sono quelle relative al prima e al dopo del Mexican Wall – prima e dopo che s’incomincasse a costruire sul serio (dagli anni 90 in poi) la barriera di cemento e torri di controllo – nella sola Arizona, il numero di clandestini caduti nel tentativo di attraversare la frontiera è passato dai 9 del 1990 ai 201 del 2005.

Il muro del Messico in certi punti della frontiera, per esempio presso città come San Diego o El Paso, è un vero e proprio muro di cemento. Più spesso è una barriera fatta di legno e di metallo, con l’aggiunta di filo spinato o elettrificato. Nelle zone più desertiche e inospitali, è una successione di barriere reali e barriere virtuali: tratti di confine sorvegliati da telecamere e sensori, a loro volta monitorati dalle guardie di frontiera. In ogni caso, il muro del Messico è ancora largamente incompleto. Mille chilometri rappresentano meno di un terzo della lunghezza totale del confine. E i costi di edificazione sono altissimi: superano facilmente i cinque milioni di dollari per miglio. Ad oggi l’amministrazione Obama, meno incline della precedente a considerare il muro una panacea per lo spinoso problema della frontiera messicana, ha sospeso i finanziamenti federali all’edificazione della barriera.

Infatti l’effetto indotto dalla costruzione del muro non è stato quello sperato dall’amministrazione Bush di ridurre il numero di clandestini negli USA, piuttosto, quello di spingerli a penetrare negli Stati Uniti là dove il muro ancora non c’è: dove l’ambiente naturale – il deserto – è decisamente ostile. Così, il numero di messicani morti lungo la frontiera è andato crescendo proporzionalmente al numero di chilometri di muro edificati. I limiti d’efficacia del muro sono evidenti a chiunque sia disposto a vederli. La presenza della barriera modifica gli itinerari d’accesso e d’attraversamento del confine, ma non incide sul numero complessivo di clandestini che cercano di farcela, per la buona ragione che le soluzioni poliziesche non sono adatte a risolvere i problemi economici. Né il muro, né le guardie, né i sensori, né gli elicotteri basteranno a tenere lontani dal confine uomini e donne che sperano di percepire stipendi migliori per lo stesso tipo di schiavitù: il lavoro per le multinazionali statunitensi. Né basteranno a inibire la fiorente economia che prospera intorno al Mexican Wall: contrabbandieri di clandestini, i coyotes, che si arricchiscono guidandoli (o abbandonandoli) nel deserto; costruttori di tunnel che si inabissano in Messico e spuntano fuori negli States; spacciatori di droga e di armi.

 

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4 commenti

  1. Buongiorno, la questione dei muri di confine dovrebbe farci porre la domanda se accettiamo la esistenza degli Stati con la loro sovranità ed indipendenza e di conseguenza con dei confini e dovremmo anche chiederci quale ruolo abbiano i confini dal momento in cui essi esistono. E’ realizzabile ad esempio un pianeta di libera circolazione senza i confini dei circa 200 Stati così come riconosciuti dall’ONU ? Sarebbe senza conseguenze un pianeta senza confini di 7,5 miliardi di abitanti in aumento ? oppure è una utopia pensare che togliendo i confini si risolvano i problemi umanitari ? E’ un invito a riflettere possibilmente con pragmatismo.

  2. Abbiamo costruito muri fisici (calcestruzzo, reti metalliche, ecc.), abbiamo inoltre costruito i muri economici, i muri culturali, i muri razziali, i muri religiosi, i muri nord-sud est-ovest, i muri politici, i muri sanitari, ecc.. invisibili ai più. Per togliere i muri bisogna essere onesti, altruisti, operosi. Per fare questo ci ha tentato Cristo. Ha fallito, persino i cristiani dividono i buoni dai peccatori. I razzisti sono convinti che la razza loro è superiore perché é organizzata, risolve i problemi delle malattie ereditarie, incentiva il progresso, fa crescere lo sviluppo intellettivo ecc..Vero? A mio avviso un pianeta di libera circolazione senza i confini dei circa 200 Stati così come riconosciuti dall’ONU`e realizzabile se si tiene conto che bisogna togliere quei muri invisibili suddetti. Scomparirebbero i politici, diventerebbero semplici amministratori, scomparirebbero le lotte religiose tutti saremmo onesti rispetto a qualsiasi Dio, scomparirebbero le divisioni razziali perché ogni razza darebbe il meglio delle sue qualità, ecc. . Non costruiremmo più armi e metteremmo quel mostro di capitale economico e di uomini a disposizione del progresso economico, culturale … UTOPIA TUTTAVIA SE NON LAVORIAMO NELLA DIREZIONE DELL’ UTOPIA LAVORIAMO NELLA DIREZIONE DELLA DISTRUZIONE.

  3. dovrebbero eliminarlo questo muro 🙁


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