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Ricorsi sulle domande di protezione: il caso-Bologna

Una ricerca di Asilo in Europa su 233 ricorsi sulle domande di protezione esaminati dal Tribunale del capoluogo emiliano ha messo in luce istruttorie carenti, conclusioni superficiali sulla presunta “privatezza” dei motivi di fuga, sulla possibilità di ottenere giustizia in patria e sulla credibilità del richiedente asilo, ma anche interpretazioni erronee della normativa.

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Istruttorie carenti. Conclusioni frettolose sulla presunta “privatezza” dei motivi di fuga o sulla possibilità di ottenere giustizia in patria. La credibilità del richiedente asilo valutata su dettagli fuorvianti e secondari. Ma anche interpretazioni erronee della normativa… Queste lacune «ricorrenti» (e inquietanti) vengono al pettine nel “corpus” delle decisioni emesse dal Tribunale di una delle più importanti città italiane, Bologna, in tema di ricorsi relativi alle domande d’asilo.

Il fenomeno è stato studiato in una ricerca dell’associazione Asilo in Europa appena pubblicata. Al centro dell’attenzione, 233 fascicoli del Tribunale emiliano quasi tutti relativi al periodo 2011-2013: 171 decisioni “sul merito”, 41 con provvedimento sul “rito”, più 21 casi non ancora decisi.

Quattordici mesi in “sala d’attesa”

«Per le 171 sentenze sul merito, si calcola che il periodo medio trascorso dalla presentazione della domanda di asilo in Questura con la compilazione del modulo C3, alla decisione della Commissione territoriale (all’epoca la Sezione distaccata bolognese della Commissione territoriale di Torino, ndr) è stato di quasi sei mesi. Quindi nel 72% dei casi è stato superato il termine di 33 giorni per il completamento dell’esame della domanda di asilo, previsto dal D.lgs n.25 del 2008». Ma non basta, perché dalla decisione in Commissione alla decisione del Tribunale passano in media altri 8 mesi e mezzo. Totale in “sala d’attesa”, 14 mesi e mezzo…

Fra i 171 ricorsi con pronuncia sul merito, ben 110 sono stati respinti (quasi due sue tre). I 61 accolti hanno “concesso” un solo status di rifugiato, 22 protezioni sussidiarie e 38 umanitarie. 30 pronunce riguardavano richiedenti trattenuti in un CIE, ma qui i ricorsi accolti sono stati appena due.

Decisioni sotto la lente: “Prima di tutto, viaggiare sicuri”…

Secondo Asilo in Europa, la ricerca mette in luce «specifiche e ricorrenti disfunzionalità» in cinque ambiti. Primo ambito: sulla situazione nei Paesi di origine, nella maggior parte dei casi emerge un’istruttoria carente. «Talvolta i giudici si sono affidati a fonti di informazione di dubbia pertinenza quali il sito del Ministero degli Affari Esteri “Viaggiare sicuri”», pensato solo per gli italiani in viaggio all’estero.

Decisioni sotto la lente: questioni private

TribunaleSecondo ambito: la valutazione delle circostanze personali in certi casi si è rivelata «frettolosa», portando i giudici a definire come “di natura privata” tout court alcune circostanze (come ad esempio violenze intra-­familiari o dispute fra gruppi di persone) che in linea teorica ben potrebbero essere alla base di persecuzioni meritevoli di protezione».

Decisioni sotto la lente: se a casa (non) ti proteggono

Il terzo ambito riguarda la possibilità che un richiedente possa contare sulla protezione delle autorità del proprio Paese. «I pochi riferimenti a tale aspetto fondamentale che abbiamo riscontrato nelle ordinanze del Tribunale si limitano a considerare sufficiente il fatto che, nel Paese di origine, determinati atti siano penalmente perseguibili o esista un sistema repressivo funzionante, spesso senza citare le fonti attraverso cui si è arrivati a tale convincimento».

Decisioni sotto la lente: “Non ci capisco molto, ma non sei credibile”

Quarto ambito problematico, le modalità adottate dal Tribunale per valutare la credibilità del ricorrente Fra queste, il peso eccessivo superficialmente assegnato 1) all’intervallo di tempo fra l’ingresso in Italia e la presentazione della domanda di protezione; 2) al non aver saputo fornire indicazioni sulle modalità di sostentamento in Italia; 3) alle contraddizioni rispetto a quanto riferito davanti alla Commissione o nel modulo C3; 4) alle incertezze sulle date in cui si sono subiti gli atti di persecuzione.

Decisioni sotto la lente: quando il giudice sbaglia

Infine, quinto ambito, «abbiamo rilevato in certi casi un’interpretazione erronea della norma. È il caso ad esempio dell’applicazione del concetto di “alternativa della protezione interna” che, pur previsto dal diritto dell’UE (come facoltativo, non obbligatorio), non è stato recepito dal legislatore italiano». Ma Asilo in Europa cita anche l’interpretazione del concetto di “danno grave” in situazioni di violenza indiscriminata (art. 14 lett. c, D. lgs. 251/2007) alla luce delle pronuncia Elgafaji della Corte di Giustizia UE.

La ricerca di Asilo in Europa, che riconosce comunque la trasparenza e la collaborazione offerta dal Tribunale di Bologna, rileva che i limiti riscontrati nelle sue aule sono probabilmente comuni ad altri Tribunali italiani. E si conclude con una serie di Raccomandazioni.

Allegato

Ricerca sui provvedimenti del Tribunale di Bologna in materia di protezione internazionale (Asilo in Europa, 2016, file .pdf)

 

 

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