Una coalizione internazionale di giornalisti, fotografi, fumettisti, designer e programmatori informatici si è creata per trovare strategie di narrazione al fine di raccontare la crisi più attuale che ci sia: quella che spinge ogni anno 19 milione di persone ad abbandonare la propria casa a causa di guerre, violenza e persecuzioni. Da qui il nome 19 million project.
Abbiamo intervistato per Vie di Fuga Antonella Napolitano dellla Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (CILD), una delle realtà protagoniste del progetto che lo scorso novembre ha contribuito ad organizzare a Roma, presso la Stazione Termini, il primo incontro internazionale di 19 million project.
1- Come è nata l’idea di creare il 19 million project? E come avete fatto a creare un rete così vasta?
L’idea nasce da uno scambio di idee tra Giulio Frigieri, direttore creativo dell’italiana CILD, e Mariana Santos, dell’americana Fusion. La riflessione comune era che uno dei fenomeni più complessi e controversi della nostra epoca non fosse trattato adeguatamente dai media. Il dibattito ruotava attorno a parole come “emergenza” e “invasione”: troppo spazio a dichiarazioni politiche, pregiudizi e casi di cronaca, e troppo poco ad analisi, partendo da dati e numeri, tra l’altro ampiamente a disposizione, e all’aspetto umano di questo fenomeno.
Da tempo si rifletteva su come collaborare sul tema, anche perché molti giornalisti, attivisti, professionisti della comunicazione manifestavano una simile esigenza. E molti esperti più “tecnici” (sviluppatori, esperti di data visualization, grafici) volevano mettere le loro competenze a servizio di un racconto più profondo e umano.
Abbiamo valutato che servisse un incontro fisico tra queste persone, più lungo di una semplice conferenza o di una hackathon, in cui ci fosse spazio per capire i vari aspetti del tema e lavorare insieme su modi nuovi di raccontare questa crisi umanitaria.
Così è nato The 19 Million Project, unendo conoscenza del tema, visione a tutto campo e capacità di affrontare il tema con tecnologia avanzata e risorse ed etica giornalistica.
2- Quali sono stati i risultati dell’incontro di novembre?
Le due settimane di evento hanno visto la partecipazione di 150 persone da 27 Paesi.
Sono stati formati gruppi di lavoro, che hanno creato 13 progetti, oggi a vari stadi di sviluppo, alcuni più focalizzati sull’aspetto giornalistico, altri più sull’empatia e l’accoglienza ai rifugiati. Si è parlato di The 19 Million Project in USA, Francia, UK, Argentina, Messico, Libano, Australia, Sudafrica.
E in Italia abbiamo già dato piena vita a uno dei progetti: noi di CILD abbiamo dato vita a una piattaforma importante: openmigration.org è il nostro contributo per andare nella direzione tracciata con il progetto. Si tratta di un sito informativo – basato su dati, storie e fact-checking che metta al centro la dignità e i diritti fondamentali delle persone.
Lo abbiamo lanciato il 28 dicembre, sei settimane dopo The 19 Million Project: era un’idea a cui lavoravamo da tempo e che The 19 Million Project ci ha aiutato a definire e arricchire.
3- Chi fosse interessato come potrebbe collaborare e entrare a far parte del progetto?
The 19 Million Project è una rete, non un’organizzazione centralizzata. Per ora non sono previsti altri grandi incontri come quello di Roma, ma il lavoro della community internazionale che si è creata prosegue in molti modi.
Come detto, ci sono molti progetti realizzati (come OpenMigration) e altri ancora in fase di definizione. Ma la cosa più importante è che si è creata una rete di conoscenze, competenze, persone: ci sono molti più scambi e collaborazioni in corso dei singoli progetti. E poiché molti dei partecipanti lavorano in redazioni giornalistiche di tutto il mondo, pensiamo che un po’ di quella cultura creata e sperimentata assieme abbia viaggiato e possa farlo ancora.
Come OpenMigration siamo aperti a collaborazioni e partnership – e siamo certi che anche i creatori degli altri progetti lo siano!
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