Saluzzo. Terra di frutta e di lavoro stagionale e nonostante finisca raramente alla ribalta delle cronache Saluzzo è terra di sfruttamento migrante stagionale. Ogni anno sono decine e decine gli stranieri, irregolari e non, che si riversano a ridosso del Foro Boario di Saluzzo per tentare un’assunzione. Le condizioni in cui questi lavoratori vivono per mesi sono state ampiamente documentate e discusse (da amministratori, politici e dalla società civile) ma non sono state radicalmente modificate, nonostante gli sforzi di Caritas e altre realtà locali e non.
Un’interessante testimonianza delle voci di questi lavoratori, migranti, stranieri, fantasmi viene dal blog “Eikon” e precisamente dalla sezione, curata da Ilaria Ippolito, intitolata I braccianti di Saluzzo. In questa sezione al momento sono caricate 4 storie e una serie di fotografie a supporto del racconto stesso.
Abbiamo chiesto a Ilaria Ippolito di raccontarci genesi e futuro del progetto. Il progetto I braccianti di Saluzzo nasce dopo due anni di ricerca sulle forme di sfruttamento in agricoltura dei braccianti africani nella zona del saluzzese. La ricerca fa parte di uno studio più ampio commissionato dallo Swiss Network for International Studies afferente all’università di Zurigo che vuole indagare il fenomeno in Italia, Svizzera, Belgio. Proprio in seguito agli incontri avuti per la realizzazione della ricerca ho sentito l’esigenza di raccontare le storie delle persone che avevo ascoltato, di far capire che non si trattava “solo” di migranti ma di lavoratori, costretti ad affrontare una serie di difficoltà di cui pochi hanno conoscenza e considerazione. Ho raccontato così la mia idea a un fotografo e ad alcuni migranti che hanno deciso di farsi fotografare e di diffondere la loro storia che già in altre occasioni mi avevano raccontato.
Che ruolo ha giocato il territorio saluzzese? Ritenevo fosse interessante raccontare all’esterno le caratteristiche di quel territorio e diffondere così l’idea che lo sfruttamento può avvenire in qualsiasi zona di Italia se c’è indifferenza.
Quale è la forma che prenderà? Ci saranno altri racconti o con questo quarto “episodio” si chiude la stagione del raccolto? Probabilmente ci sarà un ultimo episodio e poi questa stagione si chiuderà. Da questo lavoro di narrazione e di raccolta (di storie, immagini, video) ne è nato un gioco, “Rotte migranti”. E’ un gioco da tavolo che, come gli articoli, vuole raccontare le storie dei braccianti che ho incontrato in questi due anni. Il gioco non racconta solo cosa accade nel territorio saluzzese, ma esplora in generale i percorsi che i migranti fanno una volta arrivati in Italia e come giungono ad essere sfruttati nei campi. il gioco è corredato di testimonianze, domande, spunti, foto e video.
Al momento “Rotte migranti” è stato sperimentato in modalità docenza-gioco per operatori dell’accoglienza e in modalità gioco per studenti dell’università. Da dicembre Ilaria Ippolito lo presenterà in diverse sedi fra cui Bruxelles, all’interno della conferenza di restituzione della ricerca. Ma le idee non si fermano qui, infatti vi è quella di utilizzare il gioco all’interno dei centri di accoglienza per aumentare la consapevolezza e la diffusione di informazioni a disposizione degli ospiti.
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