Uno dei fini declamati nel Decreto 13/2017, detto Decreto Minniti, è quello è di semplificare le procedure di riconoscimento dei cittadini di Paesi terzi e di rafforzare il contrasto alle situazioni di irregolarità sul territorio italiano. Lo strumento individuato per ottenere questo scopo è il rafforzamento del sistema dei CIE che per l’occasione viene anche ribattezzato: da centri di identificazione ed espulsione si passa a centri di rimpatrio permanenti.
Il punto dolente è che l’unico vero elemento di novità del Decreto riguarda proprio il nome. Infatti la legge non interviene a modificare le funzioni dei CIE, nè tanto meno le modalità di detenzione già definite a livello normativo dall’art. 14 del T.U. 286/98. Ciò che dovrebbe accadere è invece una capillarizzazione dei centri perché si punta a più strutture (fuori dai centri urbani) con un numero minore di prese in carico.
I soldi stanziati per i nuovi centri sono molti e ogni anno la previsione di spesa aumenta. Per il 2017 si autorizza una spesa di 3.8 milioni di euro, per il 2018 di 12.4 milioni e per il 2019 di 18.2 milioni. L’orientamento politico risulta quindi chiaro: il Governo (e possiamo anche suppore l’UE) punta a un progressivo restringimento dei diritti dei cittadini extra europei piuttosto che all’accoglienza e all’integrazione. E tutto questo avvalando un sistema (quello dei CIE/CPR) la cui la disumanità, l’inefficacia e l’inefficienza “sono state ripetutamente denunciate, dimostrate e riconosciute anche a livello istituzionale. La limitazione della libertà personale di cittadini stranieri che non hanno commesso nessun reato si è accompagnata nel corso degli anni a numerose violazioni dei diritti umani e al fallimento di questi istituti rispetto alle stesse finalità definite dal legislatore“. (Lunaria)
Oltre le previsioni di cambiamento che si attueranno dopo che il Decreto Minniti diventerà legge effettiva (sempre che qualche emendamento non sia approvato) c’è la realtà che sta investendo oggi i CIE italiani dove, piuttosto in sordina, sono tornati a essere rinchiusi un numero cospicuo di cittadini stranieri. Da Torino a Roma gli articoli di giornale che riescono a raccontare ciò che accade in questi luoghi parlano di presenze raddoppiate. Una tristissima situazione a cui si dovrebbe mettere la parola fine perché le persone che vengono rinchiuse sono senza libertà e senza voce per il solo fatto di essere senza documenti.
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