Sono circa 60 i casi di doppi dinieghi che, dopo mesi di lavoro, di incontri, di mediazione e sensibilizzazione hanno trovato o stanno trovando una soluzione nel torinese grazie all’impegno della rete SenzaAsilo, che ha festeggiato questo risultato in un incontro alla Cavallerizza di Torino.
29 richiedenti finalmente a posto con i documenti, più un gruppo poco sotto la trentina già approvato dalla Prefettura. Sono le situazioni di doppio (e triplo) diniego che, dopo sei mesi di lavoro, di incontri, di mediazione e sensibilizzazione hanno trovato o stanno trovando una soluzione nel torinese grazie all’impegno di SenzaAsilo.
Parliamo della rete informale nata “dal basso”, nello scorso autunno, dagli operatori dello SPRAR torinese di fronte al fenomeno dei ripetuti dinieghi che, soprattutto in sede di ricorso di primo e secondo grado, colpisce numerosi richiedenti asilo già inseriti nel nostro tessuto sociale, sul punto di ottenere un contratto di lavoro o addirittura con il contratto già in mano, e rischia di gettarli nell’irregolarità (tra l’altro, con un assurdo spreco di risorse umane e materiali, quelle spese per accoglierli e integrarli).
Primo fu il “File 51”
Dopo l’approvazione di un documento costitutivo e la diffusione di un appello, anche con l’appoggio di un gruppo di datori di lavoro la rete ha iniziato a raccogliere casi di persone con doppio diniego ma con la concreta chance di un contratto. Ne è nato un primo dossier, il “File 51“, come lo chiamano a SenzaAsilo, cioè di 51 casi.
L’8 marzo 2017, un incontro con il Prefetto di Torino, incontro al quale ha fatto seguito una collaborazione «oltre le attese» con Prefettura e Questura. Il terreno d’incontro fra giustizia e norma lo si è trovato nella formula giuridica della domanda di protezione “reiterata”.
«Il “File 51”, composto delle storie di persone che conoscevamo perché erano nei nostri progetti, è stato approvato dalla Prefettura – ha ricordato Anna Bertrand (area Lavoro della cooperativa Progetto Tenda) a un’assemblea-festa che SenzaAsilo ha organizzato alla Cavallerizza Reale di Torino due giorni fa -. Le persone potevano rifare domanda di protezione col modulo C3. Ma è sorto un problema, bisognava rinunciare al ricorso in Appello».
Qui all’inizio c’è stato qualche intoppo (obiezioni dell’Avvocatura dello Stato, «rinunciare non si può…»). Inoltre «quella rinuncia ha creato un po’ d’ansia: né noi né i richiedenti avevamo nulla di scritto “in cambio”, nessuna garanzia…».
Però il percorso non si è fermato, e per 29 richiedenti si è già concluso con una protezione umanitaria. «Non più 51, e questo perché ad aprile alcune aziende non erano più disponibili ad assumere. Erano opportunità vere, posti veri, ma i posti veri non possono aspettare cinque mesi…».
Rischiano l’espulsione, ma intanto fanno il “730”
Nel frattempo si era sparsa la voce. Sono arrivate a SenzaAsilo segnalazioni di avvocati che tutelavano altri richiedenti con doppio diniego e chiedevano di poter attivare la stessa procedura. Ne è nato un “File 18” e poi un “File 60“…
«Insomma, sembra funzionare – dice ancora Bertrand -. In fondo volevamo aprire una porta, non solo “sanare” la situazione di poche persone conosciute, non solo chiedere “un favore” per SenzaAsilo: ma far valere il diritto a vivere in Italia di persone che se lo meritano. Incontriamo anche persone diniegate in Appello che hanno un posto di lavoro a tempo indeterminato: rischiano di essere espulse ma presentano il “730”, magari con contratti partiti tempo fa, magari con un datore di lavoro che non ti chiedeva tutti i giorni com’era la tua situazione».
(segue nella prossima news)
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