I dati Eurostat sugli esiti delle richieste d’asilo nell’UE, disaggregati per Paese d’accoglienza, certificano per l’ultimo quadriennio 2013-2016 un trend di decisioni positive nel territorio dell’Unione Europea diametralmente opposto a quello registrato in Italia: da un lato, una proporzione di decisioni positive in crescita in Europa, dall’altro una progressiva erosione nella Penisola.
In Europa sei su 10, in Italia quattro su 10: in due cifre, tutto lo squilibrio fra le decisioni positive sulle richieste d’asilo esaminate nel 2016 nel territorio dell’Unione e quelle esaminate nel nostro Paese.
Si tratta di dati Eurostat sulle decisioni positive in prima istanza, quelle di gran lunga più rappresentative e comparabili. Nell’ultimo quadriennio questo indicatore ha avuto un andamento diametralmente opposto fra Europa e Italia: da un lato, una proporzione di decisioni positive in crescita in Europa (anche se nei primi mesi di quest’anno il trend sembra essersi interrotto), dall’altro un processo di erosione nella Penisola.
2013-2016, quattro anni di “forbice”
Nel 2013 i Paesi UE hanno dato protezione ad appena il 34% dei richiedenti in prima istanza, ma nel ’14 sono arrivati al 45%, nel 2015 al 52% per giungere nel ’16 al 61% (circa 673 mila esiti positivi su 1.106.000 richiedenti esaminati).
Questo invece l’andamento italiano, sempre secondo le cifre Eurostat diffuse in questi anni: 61% di decisioni positive nel ’13 e 59% nel ’14. Poi, il crollo al 42% nel 2015 (l’anno dell’introduzione dell'”approccio hotspot”) e il calo ulteriore al 39% nel ’16 (35.400 esiti positivi su 89.900 richiedenti esaminati secondo l’ultima serie statistica diffusa in queste settimane).
Lo squilibrio Italia-UE è ancora più evidente se si considerano solo le decisioni positive che hanno offerto ai richiedenti asilo lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria, senza contare quindi la “residuale” (almeno in Europa) protezione umanitaria: sotto questo indicatore, l’incidenza italiana su tutti i richiedenti esaminati nel 2016 è appena del 19%, contro il 56% dell’Unione.
“Da noi è diverso”
Le autorità italiane hanno “spiegato” questo squilibrio con le diverse provenienze di coloro che chiedono asilo nei vari Paesi europei: nel centro e nel nord Europa, la forte presenza di richiedenti fuggiti da Paesi in guerra come Siria, Irak, Afghanistan o dominati da regimi internazionalmente screditati come l’Eritrea, da noi i richiedenti che partirebbero come meri migranti “economici” soprattutto da Nigeria, Pakistan, Gambia e Mali (queste le nazionalità più numerose fra gli esaminati nell’anno scorso), anche se la situazione sotto il profilo dei diritti umani e della sicurezza in questi ultimi Stati è preoccupante: vedere le schede-Paese nella sezione Atlante di Vie di fuga.
Inoltre, guardando al trend dell’ultimo quadriennio vale la pena di osservare che l’insieme dei Paesi d’origine di chi cerca protezione in Italia non è molto mutato rispetto agli anni precedenti: nel 2013 i primi 10 Paesi per numero di richiedenti in Italia erano stati nell’ordine Nigeria, Pakistan, Somalia, Eritrea, Afghanistan, Mali, Gambia, Senegal, Egitto e Siria (quest’ultima con poche centinaia di persone). Nel 2016, sia pure con diverso ordine, di questi Paesi ne ritroviamo sei. E i primi due in assoluto, la Nigeria e il Pakistan, sono di nuovo gli stessi del 2013.
Così viene da chiedersi: basta tutto questo a “spiegare” veramente il trend di concessioni di protezione al ribasso cui abbiamo assistito in questi anni?
UE 2016: protezione per 710 mila
Sempre nel 2016, l’UE ha dato protezione in totale a 710 mila richiedenti, oltre il doppio rispetto al 2015. Il dato comprende sia la prima istanza sia l’istanza finale in caso di appello.
Il nostro Paese si trova in terza posizione, ma molto a distanza, dopo la Germania (qualcosa come 445 mila decisioni positive) e la Svezia (69 mila).
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