Sui circa 12.000 migranti approdati sulle coste italiane da inizio anno più di un terzo del totale non arriva dalla Libia ma bensì dalla Tunisia. La stragrande maggioranza sono migranti tunisini ma non mancano persone di altre nazionalità.
La Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese conferma con il suo viaggio a Tunisi (il secondo durante il mese luglio 2020) la preoccupazione che non si tratti solo di partenza isolate ma di una nuova rotta che si sta rafforzando e che nei prossimi mesi sarà protagonista assoluta insieme alla Libia.
La Tunisia sta vivendo una crisi economica e politica senza precedenti. Una crisi che interessa da vicino l’Italia considerato che lo stato nordafricano è il primo paese di provenienza degli sbarchi illegali in Italia, superando il 35% del totale. L’instabilità del paese ed è stata recentemente confermata dalle dimissioni del primo ministro Elyes Fakhfakh il 15 luglio scorso evidente frutto di un’incertezza politica che sta interessando il Paese almeno da ottobre 2019 quando si sono svolte le ultime elezioni legislative.
Questa incertezza politica è lo specchio diretto di una crisi economica e sociale che Tunisi non è riuscita ad affrontare in quasi dieci anni di vita democratica e che sta mostrando le conseguenze più dure in questo periodo contrassegnato dall’emergenza sanitaria.
Infatti l’impatto del virus sull’economia locale è stato devastante come in tanti altri paesi del mondo, andando a incidere massicciamente sul turismo, prima industria del paese, e a favorire previsioni fosche sull’aumento del tasso di disoccupazione nei prossimi mesi.
In questi giorni, nei media italiani, si è parlato molto dei più di 4mila migranti di origine tunisina sbarcati da inizio 2020 ma si tratta di una lettura parziale del fenomeno perché già nel 2019 i tunisini erano diventati la comunità più numerosa a raggiungere l’Italia via mare. Segno, questo, di un disagio sociale figlio di un’instabilità politica incapace di affrontare i problemi strutturali del Paese.
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