Il 12 gennaio 2017 a Roma è stato firmato un protocollo di intesa fra la CEI (Conferenza Episcopale Italiana) e il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale per aprire un corridoio umanitario con L’Etiopia. L’obiettivo è quello di garantire a un gruppo di somali, eritrei e sudanesi l’accesso sicuro e legale in Italia.
Italia ed Etiopia finalmente unite in un corridoio umanitario che ricalca nelle sue linee di azione quello già funzionante, da dicembre 2015, fra l’Italia e il Libano che ha visto fra gli enti promotori e realizzatori la Comunità di Sant’Egidio, la Chiesa Valdese e la Federazione delle Chiese Evangeliche e che ha condotto in salvo in Italia, fra gli altri, numerosi siriani rifugiatisi in Libano.
Questa volta oltre la CEI saranno impegnate la Comunità di Sant’Egidio e le due organizzazioni impegnate sulle migrazioni legate alla Cei: Migrantes e Caritas, che avranno un ruolo chiave nell’accoglienza delle persone che rientraranno nel progetto. L’obiettivo è nobile, complesso e ambizioso sia per la fragilità delle istituzioni etiopiche sia perchè il paese sub-sahariano ospita il maggior numero di rifugiati in una zona colpita da carestie, persecuzioni, conflitti e catastrofi naturali.
Dal sito della Comunità di Sant’Egidio: “La decisione si inserisce nel progetto della Chiesa cattolica di aiutare, tramite Caritas Italiana e Fondazione Migrantes e insieme alla Comunità di Sant’Egidio, cinquecento profughi sudanesi, eritrei e somali che si trovano in condizioni di particolare vulnerabilità nei campi in Etiopia.” La CEI coprirà anche parte dei costi di questa operazione attingendo ai fondi dell’otto per mille.
I corridoi umanitari sono uno dei tentativi di dare risposta ai tanti appelli per fermare l’ecatombe del mar Mediterraneo e a poco a poco stanno diventando un modello internazionale su cui stanno riflettando altre nazioni europee.
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Dal corridoio umanitario alla rete d’accoglienza
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