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I quattro ragazzi di Karalò
I quattro ragazzi di Karalò

Nella lingua mandinga karalò significa sarto. E Karalò è proprio il nome del progetto di sartoria che vede coinvolti quattro ragazzi, richiedenti asilo, ospitati in uno Sprar romano. Taglio, cucito e confezione per costruirsi un futuro in Italia. Li abbiamo intervistati per Vie di Fuga.

Jassey, Malang, Adama e Muyey, vengono dal Mali e dal Gambia. Nei loro Paesi di origine erano sarti e così dopo che uno di loro ha frequentato un corso di sartoria qui in Italia si sono uniti e hanno creato un  gruppo di lavoro: Karalò. Ora producono abiti, borse e altri lavori nel centro Sprar Eta Beta di Roma.

1- Girovagando per la rete ci siamo imbattuti nel progetto Karalò e ci siamo immediatamente incuriositi. Un progetto di sartoria che sfrutta abilità già acquisite nel Pese di origine e mira all’indipendenza. Come è nata l’idea e quando?

Sono stati proprio loro a far emergere il loro talento; Malang, Adama, Muyey e Muhammed sono ospiti presso il Centro di accoglienza Sprar Eta Beta e gli operatori hanno intercettato l’abilità di uno di loro, Muhammed, per primo. Gli operatori aiutandolo nel bilancio delle competenze sono venuti a conoscenza del bagaglio di passione e conoscenza che aveva in merito alla sartoria. Così Muhammed è stato iscritto a un corso di sartoria svoltosi presso il Casale Podere Rosa nel febbraio 2015 e da lì ha potuto sviluppare il suo talento grazie a delle macchine da cucire donateci. Gli altri quattro lo hanno subito affiancato ritrovandosi nello slancio produttivo e creativo perso in precedenza a causa del viaggio e dell’abbandono del loro paese.

2- Come avete realizzato il laboratorio di sartoria all’interno degli spazi dello SPRAR Eta Beta?

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Una macchina da cucire per cominciare…

Il laboratorio si è andato costruendo con il passare del tempo. L’operatrice Giulia è stata la prima a portare la macchina da cucire della nonna, poi gli operatori Diego e Elisa. I tessuti sono stati all’inizio materiale raccolto da riciclo grazie ai contatti dell’operatore Jorge e Elisa. Poi con i piccoli guadagni iniziali hanno comprato da sé i tessuti a Piazza Vittorio e in un negozio di San Basilio. Il laboratorio è nella sala libera del Centro e consiste in poco più che queste macchine e un’asta per stampelle dove appendono le loro creazioni. La Cooperativa Etabeta di suo ha contribuito con l’acquisto di un gazebo.

3- E’ possibile acquistare i capi realizzati dai sarti direttamente presso la vostra struttura?

 I Karalò sono stati iscritti al circuito dei mercati solidali Terra Terra dove sono presenti quasi tutti i fine settimana. Inoltre spesso ricevono diversi inviti per altri mercati e,  accettando queste proposte con entusiasmo, vi si recavano  inizialmente accompagnati dagli operatori per poi organizzarsi in modo sempre più autonomo, caricandosi le loro quattro valige con i loro prodotti, l’asta e spesso il gazebo per il sole.

Per la circostanza delle politiche di riservatezza dei Centri di accoglienza, i clienti che contattano possono venire al Centro negli orari di visita per confrontarsi con il gruppo di sarti e visionare il loro lavoro, ma più di una volta i Karalò hanno raggiunto direttamente a domicilio le persone che aveva apprezzato il loro lavoro.

4- Se vi fermate a guardare indietro e a osservare la strada che avete compiuto quali sono le vostre impressioni? 

Facciamo parlare i ragazzi; Adama e Muyey ci dicono: Da quanto abbiamo iniziato con questo progetto, ringraziando Dio, abbiamo visto più prosperità e felicità ma sappiamo che i tempi di accoglienza sono limitati e abbiamo bisogno di più aiuto per crescere e per essere davvero indipendenti. Muhammed aggiunge: Grazie a tutti gli italiani anche a questa redazione per appoggiarci e invitiamo tutti a visitare la nostra pagina facebook: KaraloRoma dove potete trovare le date dei mercati ai quali partecipiamo con la nostra presenza.

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