Nella notte fra il 3 e il 4 giugno corrente nella città di Gerusalemme è stato appiccato un incendio a un appartamento abitato da migranti eritrei. Sul muro dell’abitazione è stato scritto: “andate via dal quartiere”.
Questo gesto accompagna l’entrata in vigore di alcuni emendamenti alla legge “anti-infiltrati”, approvati a fine maggio 2012. La legge “anti-infiltrati” è stata approvata dal Knesset, il parlamento israeliano, il 9 gennaio 2012 e prevede un inasprimento delle pene rispetto ai migranti che entrano nel Paese senza un permesso di soggiorno. Infatti i migranti trovati in uno stato di irregolarità potranno essere sottoposti a una detenzione preventiva, senza processo, per un massimo di 3 anni. In aggiunta chiunque fornisca aiuto o protezione potrebbe essere perseguito e condannato a diverse pene che prevedono l’incarcerazione dai 5 fino ai 15 anni.
La legge “anti-infiltrati” prende di mira i richiedenti asilo perché viene negato loro il diritto di entrare in Israele (Paese firmatario della Convenzione di Ginevra) per fare domanda di asilo. Il governo israeliano ha motivato la decisione di utilizzare il pugno di ferro con i migranti irregolari perché reputa insostenibile il flusso di esseri umani che da tempo si sta riversando sul confine israelo-egiziano. E per questo sta già pensando a come ampliare le carceri; per ora gli immigrati arrestati dall’Israel Defense Forces (IDF) sono tutti trasferiti nel centro di detenzione di Saharonim che ha una capienza di 2.000 posti a cui se ne vorrebbero aggiungere 3.400 entro i prossimi mesi.
La prassi stabilita dalla legge prevede che i detenuti appena arrivati nei centri vengano identificati e nel caso fossero richiedenti asilo possano ricevere un permesso di soggiorno temporaneo di permanenza. Quindi se si arriva in Israele e si vuole chiedere asilo non si può più evitare il carcere, luogo dove si entra con sicurezza e dove le possibilità per uscirne sono sulla carta e non nelle cronache. Alla durezza della legge si unisce l’intolleranza della popolazione israeliana la quale sostiene che aprendo i suoi confini permetterebbe una mescolanza razziale che minerebbe la purezza ebraica del Paese. E l’intolleranza razziale prende varie forme fra cui quella, pericolosa e misera, dell’incendio doloso.
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