Gli attentati di Parigi hanno avuto molte ripercussioni. La paura si è facilmente insinuata nella quotidianità e sta deformando le letture delle situazioni in essere. Una di queste situazioni è quella dei rifugiati e di tutti coloro che stanno tentando di entrare in Europa. Un’Europa spaventata rischia di sbarrare, ancora di più, i propri confini, confondendo chi scappa dal terrore con chi diffonde il terrore.
Germania, Polonia, Francia e Ungheria ma anche Stati Uniti e Canada hanno immediatamente dichiarato che l’attacco francese implica una revisione delle politiche di accoglienza mentre i Paesi balcanici sono passati all’azione diretta. A Idomeni, una cittadina greca al confine con la Macedonia da diversi giorni migliaia di persone sono state bloccate al confine tra i due Paesi (senza un riparo dalla neve e dalle temperature rigide dell’inverno, senza accesso all’acqua e ai servizi). “All’indomani della strage di Parigi, le autorità macedoni, insieme a quelle serbe, slovene e croate, hanno deciso di ripristinare i controlli alle frontiere e di lasciare passare i migranti sulla base della loro nazionalità: solo i siriani, gli afgani e gli iracheni possono attraversare il confine.”
Ciò che è risultato chiaro nell’immediato post 13 novembre è che a pagare il prezzo maggiore sarebbero stati i migranti e i rifugiati, soprattutto dopo la notizia che in un luogo degli attentati sarebbe stato ritrovato un passaporto siriano (poi dichiarato falso). I migranti sono le prime vittime collaterali della nuova guerra al terrorismo internazionale e assecondare la narrazione per cui sono dei possibili terroristi, inviati in Europa per compiere stragi, significa non riconoscere che loro stessi stanno scappando dalla logica e dalla pratica del terrore.
Il Centro Astalli ha scritto un comunicato stampa chiaro e sintetico per esprimere preoccupazione sulle condizioni a cui sono sottoposte le persone in arrivo in Europa. Suddiviso in tre punti ricorda quanto sia necessario attivare dei canali umanitari, ricordare che i rifugiati sono le prime vittime del terrore e lavorare affinchè il racconto mediatico non sia fuorviante e allarmistico ma affronti in maniera responsabile e quanto mai approfondita la lettura della cronaca e l’analisi dei fatti.
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Le prime vittime collaterali della nuova guerra al terrorismo sono i profughi
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