Fino al 29 novembre a Roma, presso la Galleria del Cembalo, si può visitare la mostra fotografica “Lingering Ghosts” di Sam Ivin. 28 scatti, 28 ritratti, 28 richiedenti asilo che diventano un’opera unica per il particolare approccio del fotografo inglese.
La mostra è parte di un progetto più ampio (Identità negate) sostenuto da Fabrica, il centro di ricerca sulla comunicazione voluto e creato da Luciano Benetton a Treviso. Sam Ivin, il giovanissimo fotografo (classe 1992), autore di Lingering Ghosts, è infatti uno dei borsisti di Fabrica che ogni anno vengono selezionati per intraprendere un percorso di formazione e ricerca basato su un progetto concreto.
Il progetto di Sam Iving sostenuto da Fabrica è proprio Lingering Ghosts e cioè il tentativo di raccontare l’identità sospesa, a tratti negata ma sempre legata a un limbo, dei richiedenti asilo al di là della Manica.
Il comunicato stampa della Galleria del Cembalo aiuta a comprendere il lavoro fatto da Ivin e a incentivare chi si trovasse per Roma a fare visita alla mostra: “Che cosa significa essere un richiedente asilo nel Regno Unito? È questo il punto di partenza della ricerca di Sam Ivin, iniziata in un centro di prima accoglienza a Cardiff, in Galles, e poi continuata in tutta l’Inghilterra.
Il risultato è una serie di 28 ritratti, cui gli occhi sono stati raschiati via manualmente dall’autore: una volta arrivati nel Regno Unito, questi migranti si trovano a vivere in una sorta di limbo, costretti ad attendere notizie della loro richiesta di asilo per mesi o addirittura anni. Diventano dei lingering ghosts, delle ombre sospese. Graffiare i volti di questi 28 migranti è un modo per tramettere in maniera immediata l’idea della perdita di sé, la confusione che li attanaglia mentre aspettano di conoscere il loro destino.
Quello di Ivin è uno sguardo contemplativo, distante dai riflettori dei media. I suoi ritratti gettano luce su una questione spesso taciuta: l’emergenza dei richiedenti asilo. Nonostante siano presentate prive di occhi, queste persone hanno una loro identità e in loro riconosciamo madri, padri, figlie e figli: esseri umani.“
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