Il Mediterraneo al giro di boa del terzo trimestre 2017. Semi-sbarrate le “rotte” verso la Grecia e verso l’Italia, è sempre più battuta quella “occidentale”: più che raddoppiati quest’anno i rifugiati e migranti arrivati via mare o via terra in Spagna o a Ceuta, Melilla e nelle Canarie. Mentre rispetto al 2016 è raddoppiata l’incidenza delle vittime rispetto ai migranti soccorsi e “salvati”. Pubblicata ieri l’edizione 2017 della mappa interattiva “Esodi” di Medici per i diritti umani sulle migrazioni dall’Africa subsahariana.
E anche il terzo trimestre 2017 è ormai alle spalle. Rifugiati e migranti soccorsi e sbarcati in Italia dal 1° gennaio al 30 settembre: 105.210, – 20% rispetto allo stesso periodo del 2016, ma con un vero e proprio crollo a partire da luglio (dati Viminale) dopo l’avvio di una serrata cooperazione italiana in particolare, ma non solo, con il “Governo di accordo nazionale” libico di Fayez al-Sarraj.
Sulla “rotta” del Mediterraneo orientale, invece, i rifugiati/migranti arrivati in Grecia in questo 2017 sono poco più di 20 mila: ormai a tre quarti dell’anno, sono appena un ottavo di quelli registrati in tutto il 2016 (dati UNHCR, anche se ad agosto gli arrivi sono stati 3.700, il 64% in più rispetto a luglio, e la Guardia costiera turca ne ha intercettati più di 12 mila dall’inizio dell’anno).
Madrid, asilo: è coda in aeroporto
Tendenza contraria, invece, sulla rotta periferica (fino a ieri) del Mediterraneo occidentale: fra gennaio e agosto 2017 (ultimo mese disponibile), registrati oltre 15 mila arrivi in Spagna, di cui 11 mila via mare e 4.000 via terra. Più del doppio rispetto allo stesso periodo del 2016. «Il numero di arrivi in Andalusia (6.000) è del 212% più elevato rispetto allo stesso periodo dello scorso anno – certifica lo Europe monthly report dell’UNHCR di agosto -. Tutti gli arrivi verrebbero dalla costa del Marocco. Da giugno si sono registrati in Spagna 2.700 arrivi via mare mare o via terra. Un numero crescente di famiglie siriane continua ad arrivare a Melilla. E nei primi sei mesi del ’17 sono 1.500 le richieste d’asilo presentate all’aeroporto di Madrid, il quadruplo rispetto al 2016».
In mare: si muore di meno, anzi di più
Intanto, su tutte le rotte si continua a morire (e si continuerà a farlo, sbarramenti o non sbarramenti, fino a che i migranti forzati avranno pressoché soltanto queste vie “illegali” per raggiungere i Paesi del Sud Europa). Il Mediterraneo continua ad essere la frontiera più letale del mondo: 2.726 le vittime migranti di cui si ha già notizia solo quest’anno (stima minima OIM). In termini assoluti, dato il crollo di arrivi totali, la cifra è in forte diminuzione.
Però nel complesso quest’anno è aumentata, anzi raddoppiata l’incidenza di morti sugli arrivi: in questo 2017, ogni 100 sbarcati fra Grecia, Italia e Spagna e Cipro due non ce l’hanno fatta, contro l’1% registrato l’anno scorso, in un contesto caotico e disumano di traffici criminali, omissioni e carenze ancora irrisolto.
Tra l’altro, nel Mediterraneo centrale, dove l’incidenza delle vittime è ancora più grave, «gli operatori OIM in Libia e in Italia riferiscono che i trafficanti adoperano sempre più spesso battelli inadatti a tenere il mare… In più gli imbarchi in Libia per i passaggi verso l’Europa non sono più stati limitati alle stagioni di bel tempo: il quadrimestre fra novembre 2016 e febbraio 2017 ha visto 35.448 arrivi in Italia, il 61% in più rispetto ai mesi invernali del 2015-2016» (OIM, luglio 2017).
Intanto, rispetto al 2016 le vittime risultano in netto aumento assoluto sulla rotta occidentale, quella verso il territorio spagnolo: già 131 quest’anno, contro le 128 registrate in tutto il 2016.
Sulle piste del deserto, sulle strade d’Europa
In poco più di tre anni e mezzo, dal 2014 ad oggi nelle acque del Mediterraneo hanno perso la vita almeno 14.900 persone.
Ma alla contabilità funebre che circonda la fortezza-Europa si devono aggiungere anche le vittime migranti sulle rotte via terra del Nordafrica, oltre 2.700 nello stesso periodo (sempre una stima prudenziale OIM) per fame, sete, malattie, maltempo, violenze. E i 296 morti negli stessi confini europei, sempre fra 2014 e 2017 (78 quelli gia’ registrati nell’anno in corso).
Esodi 2017
L’ONG Medici per i diritti umani (MEDU) ha presentato ieri a Roma l’aggiornamento 2017 della mappa interattiva “Esodi” sulle rotte migratorie dai Paesi sub-sahariani verso l’Europa.
Con storie e focus l’hanno realizzata i team di MEDU che hanno assistito rifugiati e migranti e raccolto 2.600 testimonianze in Italia e Nord Africa (di cui la metà solo in questo 2017) insieme ad alcuni protagonisti diretti del viaggio.
“Quando nell’Ossama Prison non c’erano gli europei…”
Quella che segue è solo una delle tante testimonianze che il progetto “Esodi” ha raccolto sul Paese dove la situazione dei diritti umani è più drammatica, la Libia al centro delle iniziative di cooperazione-contenimento guidate da Italia e UE.
A rilasciarla nello scorso luglio nell’hotspot di Pozzallo agli operatori di MEDU è stato X.Y., del Camerun, 25 anni: «La prima volta che sono partito in mare la guardia costiera libica ci ha intercettato e ci ha riportato a terra. Ci ha condotto in una prigione a Zawiya che si chiama Ossama Prison… Quello che differenzia questa prigione dalle altre è il fatto che se si paga il riscatto si è sicuri che si verrà rilasciati, cosa non sempre vera per le altre prigioni. Avvengono infinite crudeltà e torture lì dentro ma finalizzate ad ottenere i soldi, non la violenza diffusa che si vede negli altri posti. Questa prigione viene monitorata da una commissione di europei una volta al mese. Durante la visita mensile le guardie fanno sparire tutti gli strumenti di tortura, le catene e aprono tutte le celle, così che sembri un campo profughi piuttosto che una prigione. Poi quando la visita è finita tutto ricomincia come prima».
Collegamento
“Esodi” 2017, la presentazione (MEDU, ottobre 2017)
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