Da Catania (Italia) a Malmo (Svezia) – passando per Milano – si dipana il progetto fotografico Siriani in transito: un racconto corale che ha lo scopo di informare, denunciare e ovviamente raccontare il viaggio dei siriani attraverso l’Europa. Abbiamo intervistato una delle protagoniste del progetto Anna Pasotti.
Siriani in transito nasce da un’esperienza di lavoro diretto, da volontarie e operatrici, con i profughi siriani. Come hanno reagito alla vostra idea di raccontarsi e lasciarsi fotografare?
All’inizio temevano che alle persone non sarebbe interessato essere intervistate. Addirittura pensavamo che qualcuno si sarebbe potuto offendere vedendo la nostra proposta come un tentativo di trarre profitto dalle loro storie e tragedia. Invece la maggior parte di chi abbiamo conosciuto si è dimostrata entusiasta all’idea di far parte di questo progetto, di poter contribuire alla diffusione di informazioni riguardo il viaggio per ed attraverso l’Europa. Inizialmente avevamo deciso che per il rispetto della privacy avremmo proposto ai soggetti di fotografarli sempre in una maniera che non li rendesse riconoscibili. I siriani, invece, volevano metterci la faccia, volevano raccontare la loro storia, volevano essere guardati negli occhi. È grazie al loro desiderio di partecipare in questa denuncia che ha preso forma la mostra così com’è.
Il vostro progetto si basa su un concetto di movimento, di transito. Come avete lavorato per unire le diverse tappe del viaggio dei siriani in Europa?
Le tre tappe che abbiamo percorso sono le tappe di Catania, Milano e Malmo. In ogni luogo in maniera diversa ci siamo interfacciate con le persone che abbiamo incontrato in maniera diversa. A Catania abbiamo visto persone nuove ogni giorno, persone che erano appena arrivate in Europa con i vestiti ancora sporchi di acqua salata del mare e che avevano fretta di partire per il Nord. A Milano abbiamo parlato con le persone che da giorni o mesi sostavano, incapaci di partire, nei centri in cui lavoravamo o facevamo le volontarie: persone che già conoscevamo e che apprezzavano la possibilità di avere qualcuno con cui passare il tempo o a cui raccontare tutte le loro difficoltà. A Malmo invece siamo stati ospiti a casa di siriani che erano lì già da qualche mese. Loro ci hanno ospitato nelle loro case invitati a pranzo mostrandoci la loro nuova quotidianità.
Tutto ciò per dire che in ogni tappa le cose sono state diverse, ogni persona che abbiamo incontrato abbiamo ha reagito alla nostra proposta in maniera diversa. Alcune persone si sono fatte intervistare per ore ma hanno chiesto di non essere fotografate. Altre, contentissime di metterci la faccia facevano più fatica a raccontare. A Catania soprattutto abbiamo fatto molte fotografie di fretta, non c’era il tempo di farci raccontare e (vista la loro gioia di essere vivi ed arrivati) non volevamo nemmeno rovinare il momento chiedendo loro di raccontarci cosa avevano appena passato. Alcuni li conoscevamo già prima di intervistarli, altri li abbiamo incontrati al momento. E’ nato così un racconto collettivo e complesso, il racconto di migliaia di siriani che hanno attraversato l’Europa, una storia unica ma allo stesso tempo molto personale. Ognuno ha messo in questa storia ciò che si sentiva parole o immagini.
Le fotografie sono oggi visionabili sul vostro sito e sono disponibili per mostre temporanee. Quale è stato il riscontro fino ad ora?
Il riscontro della mostra Siriani in transito fino ad ora è stato ottimo. A parte il lancio, non abbiamo mai dovuto contattare noi qualcuno per essere ospitati. Veniamo contattate in continuazione da scuole, organizzazioni, biblioteche, enti pubblici e privati che vogliono poterla ospitare. Tra i traguardi più impostanti ci sono sicuramente il parlamento europeo e l’istituto di cultura italiana a Bruxelles, l’Aia alla conferenza annuale di Ecre e la casa circondariale San Vittore a Milano. Abbiamo portato la mostra in Lombardia e Liguria ed in Svizzera cercando sempre di portare con essa un dibattito e delle informazioni nuove.
Profughi siriani oggi. Qualcosa è cambiato nella città di Milano o ci troviamo ancora in mezzo a siriani in transito che proseguono il loro viaggio verso nord?
I siriani sono transitati per Milano principalmente tra la fine del 2013 e l’inizio del 2015, Milano non è mai stata meta scelta dei siriani ma sempre meta di transito. Il viaggio per la Svezia che raccontiamo noi, quello attraverso il Mediterraneo e poi attraverso l’Europa è un viaggio molto costoso per questo è un viaggio che solo un certo numero di siriani potevano permettersi, soprattutto se si tiene conto che i siriani viaggiano in nuclei famigliari spesso molto ampli. Adesso, come ci raccontano le notizie, i siriani, come altri, passano dalla Turchia, la Grecia e prima che venisse chiusa provavano la rotta balcanica. Le motivazioni sono varie: Libia ed Egitto sono sempre meno sicuri e non è detto che chi scappi ora abbia i documenti per andarvi. Il viaggio in mare fa comunque molta paura e la nuova rotta costa di meno. E’ più lunga, anch’essa pericolosa, faticosa, umiliante. I gommoni affondano anche tra la Turchia e la Grecia. Il viaggio verso nord continua, l’Europa però ha deciso in maniera chiara di volerlo bloccare a tutti i costi. Sono aumentate così le reti di trafficanti ed è diventato più pericoloso e rischioso il viaggio.
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