A fine agosto 48 cittadini sudanesi sono stati rimpatriati dall’Italia. Fermati e identificati a Ventimiglia mentre cercavano di passare il confine sono stati colpiti da un decreto di espulsione che ha innescato la procedura di rimpatrio. Infatti per l’Italia il Sudan è un paese sicuro e questo rimpatrio è il primo effetto degli accordi bilaterali firmati con il paese africano a inizio agosto.
Sudan-Italia. Italia-Sudan. Dopo la firma del Memorandum of understanding è questo il terribile doppio viaggio a cui potrebbero essere costretti i cittadini sudanesi che arrivano sulle nostre coste. Il documento firmato in Italia il 4 agosto 2016 prevede infatti “la collaborazione tra i due Paesi nella lotta al crimine, nella gestione degli effetti migratori e delle frontiere”. Un comunicato diffuso dall’Ambasciata italiana di Khartoum chiarisce che l’accordo italo-sudanese si iscrive nel piu’ ampio quadro di cooperazione tra Sudan e Unione Europea sui temi migratori, in particolare il Processo di Khartoum, lanciato in Italia nel 2014, e il Fondo fiduciario d’emergenza dell’Unione europea per la stabilita’ e la lotta contro le cause profonde della migrazione irregolare e del fenomeno degli sfollati in Africa, lanciato nel novembre 2015 al Summit de La Valletta.
Sono moltissime le voci di denuncia che si sono levate e che ricordano come il Sudan sia un paese dove le violazioni ai diritti umani sono quotidiane e ampiamente documentate. La sezione italiana di Amnesty International ha dichiarato: “è preoccupante che l’Italia stia deportando queste persone in un paese dove alcuni gruppi corrono un rischio concreto di gravi violazioni dei loro diritti umani, sulla base di un accordo di riammissione il cui contenuto non è chiaro“. L’organizzazione teme tra le altre cose il rimpatrio di persone originarie del Darfur, che andrebbero incontro a “persecuzioni, repressioni brutali e altri gravi abusi”.
Timori e preoccupazioni emergono anche dall’articolo “Khartoum non si accontenta” pubblicato sul sito nigrizia.it. La giornalista Bianca Saini racconta che il Sudan ha già lanciato un segnale inequivocabile sulla necessità che l’Europa aumenti l’aiuto economico al paese per il controllo dei flussi migratori. Ma è altrettanto evidente, afferma la giornalista che “il governo sudanese userà questi fondi per rafforzare il suo controllo in Darfur, ma, si può supporre, anche nelle altre zone del paese in conflitto e contro l’opposizione in genere. E’ altrettanto chiaro che tra i maggiori beneficiari dei fondi europei per la gestione dei flussi migratori, ci saranno le Rapid support forces, o milizie janjaweed, tra le più famigerate del continente.”
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