Terra di mezzo – di Matteo Garrone – Italia 1996 – 80′
Film a episodi della metà degli anni ’90 che ha segnato l’esordio alla regia del pluripremiato Matteo Garrone. Si tratta di tre storie differenti legate dalla tematica dell’immigrazione e (soprattutto) dell’emarginazione che gli stranieri vivono in Italia. Nel primo episodio, “Silhouette”, alcune prostitute nigeriane passano la loro giornata sedute su sedie e poltrone, rigorosamente sfondate, ai margini delle strade romane; nel secondo episodio, “Euglen & Gertian”, un gruppo di ragazzi albanesi viene ingaggiato per lavori di bassa manovalanza e basso costo, rigorosamente in nero, nelle profonde periferie italiane; nel terzo e ultimo episodio, “Self Service”, un uomo di nazionalità egiziana lavora la notte come benzinaio, rigorosamente abusivo.
Lo sfondo di questi primi lavori di Garrone è la periferia, abitata da tutti quegli “invisibili” che rappresentano una parte sempre più cospicua della nostra società. Garrone si limita a osservare, con occhio sincero e minimalista, questa realtà ai margini. L’effetto è duro, a tratti irritante, e non perché la storia ce la raccontano delle prostitute o dei ragazzi albanesi, ma perché è il mondo borghese che ne esce fuori malconcio. Di riflesso è proprio questo mondo che viene osservato in rapporto alla sua capacità di sfruttare e ghettizzare chi è senza lavoro o semplicemente straniero. Tuttavia la denuncia sociale è solo un abbozzo. In questo film corale, le fragilità umane sono raccontate senza aver mai la presunzione di servir da monito, nessuna retorica imbriglia il film trasformandolo in un facile prodotto populista, perché chi è in campo non sa di esserlo, e chi è dietro la macchina da presa cerca quasi di annullarsi, di farsi dimenticare, evitando qualsiasi esibizione estetica. Il minimalismo nel raccontare questi destini segnati è esasperato, si trasforma in metafora della modesta dimensione quotidiana in cui sono inseriti questi personaggi, tutti accomunati dal disincanto per una terra, l’Italia, che non è riuscita a soddisfare le loro speranze di benessere.
Tutti gli attori di Terra di mezzo sono presi dalla strada e proprio in quella strada si ritrovano a rappresentare ancora una volta se stessi. La naturalezza dei loro gesti, delle loro espressioni, scaturisce proprio da una sceneggiatura che viene “improvvisata” davanti alla macchina da presa. Sono comparse inconsapevoli che irrompono nella scenografia naturale delle nostre città, creando una perfetta compenetrazione tra l’uomo e il luogo in cui si muovono: un’Italia che li vuole solo nella misura di un muto sfruttamento.
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