Chi sono i “Dubliners” della protezione internazionale, al di là delle cifre sui flussi verso e dall’Italia? E come vengono accolti i “casi Dublino” che vengono respinti nel nostro Paese? Le risposte in uno studio sui 2.200 arrivi registrati nel 2010 all’aeroporto di Roma-Fiumicino.
Fax e ancora fax: arrivano soprattutto da Svizzera, Svezia, Norvegia e Germania e sono indirizzati all’Unità Dublino del nostro ministero dell’Interno. In questi documenti si chiede all’Unità di assumersi le sue «competenze» in merito ai richiedenti asilo e ai rifugiati che i vari Paesi intendono trasferire in Italia a norma del regolamento “Dublino II”. Secondo gli ultimi dati disponibili che l’Unità Dublino ha trasmesso a Vie di fuga, nel 2010 le richieste di assunzione di competenza dalla Svizzera hanno raggiunto quota 2.441 (erano state 2.102 nel 2009). Sono diminuite di poco le richieste giunte dalla Svezia (1.423 nel 2010 contro le 1.491 del 2009) e sono in forte flessione quelle dalla Norvegia (1.117 nel 2010 contro le 1.809 del 2009). In forte aumento, invece, le richieste giunte dalla Germania (1.028 nel 2010 contro le 725 del 2009).
Squilibri
Il flusso di richieste in senso inverso, dall’Italia agli altri Paesi aderenti al “Dublino II”, si conferma a livelli molto inferiori. Il Paese al quale l’Italia ha indirizzato più richieste di assunzione di competenza è come nel 2009 la Grecia (513 richieste contro le 430 del 2009). Segue, stranamente, la Norvegia (145 richieste nel 2010, sic nei dati ministeriali, contro le appena 44 del 2009) e poi l’isola Malta (129 contro 127).
La serie di dati 2010 dell’Unità Dublino mette in luce anche un secondo squilibrio. Nell’anno, l’Italia ha inviato in totale 1.607 richieste, ma solo 691 d esse sono state accolte dagli altri 29 Paesi aderenti al regolamento, pari al 43%: gran parte del restante 57% è stato respinto o ritirato. Invece, delle 9.673 richieste che l’Italia ha ricevuto dall’estero, ne ha accolte nell’anno (ha evidentemente dovuto accoglierne) quasi 6.200, cioè il 64%, due su tre.
Cronache da Fiumicino
Ma chi sono i “Dubliners” della protezione internazionale, al di là di queste cifre complessive? Ne traccia un identikit il recentissimo studio Il diritto alla protezione, realizzato dall’Asgi in collaborazione con altri organismi fra cui la Caritas nazionale.
Lo studio prende in esame in particolare lo scalo di Roma Fiumicino. In questo solo aeroporto nel 2010 (ultimo anno disponibile) sono sbarcati quasi 2.200 “casi” Dublino trasferiti (ma si potrebbe anche dire respinti) da altri Paesi: si tratta dell’80% di tutti i trasferiti in Italia nell’anno. Rispetto al 2009 il numero dei trasferimenti a Fiumicino è in netto aumento. In aumento esponenziale risulta anche la presenza di minori, di persone “vulnerabili” e, tra esse, di persone trasferite malgrado si trovassero in gravi condizioni di salute. Le principali nazionalità interessate (Eritrea, Somalia, Nigeria e Afghanistan) corrispondono alle principali nazionalità di richiedenti asilo nel nostro Paese.
Soprattutto, osservano i ricercatori di Il diritto alla protezione, «la netta maggioranza dei rinvii è costituita da persone a cui in Italia era stata riconosciuta qualche forma di protezione e che hanno presentato una nuova istanza d’asilo in altro Paese…». Insomma, i dati confermano (vedi la nostra schedina di sintesi) che la fuga dall’Italia è «un fenomeno fortemente connesso alla carenza di percorsi di accoglienza immediatamente successivi al riconoscimento della protezione e alla carenza di progetti a medio termine per l’inclusione sociale».
Ma il trattamento che attende i richiedenti asilo e i rifugiati che sbarcano a Fiumicino dopo essere caduti nelle maglie del Dublino II in qualche Paese europeo non è molto diverso. «La situazione più critica riguarda senza dubbio i titolari di protezione internazionale, i quali si trovano di fronte il medesimo vuoto di accoglienza che hanno lasciato al momento della loro partenza dall’Italia. Si può purtroppo ipotizzare che gran parte delle oltre 2.200 persone titolari di protezione che hanno fatto rientro tra il 2009 e 2010 dallo scalo di Fiumicino (1.218 nel 2010 e 1.048 l’anno prima, ndr) siano andate a ingrossare i circuiti della marginalità sociale». Mentre per quanto riguarda i richiedenti asilo, la loro accoglienza «è caratterizzata da alcune buone prassi che tuttavia “convivono” e si mescolano con una situazione di grande incertezza e confusione sull’esigibilità effettiva del diritto all’accoglienza, specie al termine degli interventi di prima accoglienza».
Allegati
Vite da “Dubliners”: i dati di Fiumicino (2009 e 2010) (scheda .pdf)
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