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LESBOS, GREECE - OCTOBER 15: Refugees crossing the Aegean sea are seen after reaching the Greek island of Lesbos on October 15, 2015. Refugees who begin a journey with a hope to have high living standards away from conflicts, use Greece's Lesbos Island as a transit point on their way to Europe. (Photo by Ayhan Mehmet/Anadolu Agency/Getty Images)
Photo by Ayhan Mehmet/Anadolu Agency/Getty Images

Una coalizione internazionale di giornalisti, fotografi, fumettisti, designer e programmatori informatici si è creata per trovare strategie di narrazione al fine di raccontare la crisi più attuale che ci sia: quella che spinge ogni anno 19 milione di persone ad abbandonare la propria casa a causa di guerre, violenza e persecuzioni. Da qui il nome 19 million project.

Abbiamo intervistato per Vie di Fuga Antonella Napolitano dellla Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (CILD), una delle realtà protagoniste del progetto che lo scorso novembre ha contribuito ad organizzare a Roma, presso la Stazione Termini, il primo incontro internazionale di 19 million project.

1- Come è nata l’idea di creare il 19 million project? E come avete ‬‪fatto a creare un rete così vasta?‬

L’idea nasce da uno scambio di idee tra Giulio Frigieri, direttore creativo dell’italiana CILD, e Mariana Santos, dell’americana Fusion. La riflessione comune era che uno dei fenomeni più complessi e controversi della nostra epoca non fosse trattato adeguatamente dai media. Il dibattito ruotava attorno a parole come “emergenza” e “invasione”: troppo spazio a dichiarazioni politiche, pregiudizi e casi di cronaca, e troppo poco ad analisi, partendo da dati e numeri, tra l’altro ampiamente a disposizione, e all’aspetto umano di questo fenomeno.

19mm-logo-1000x661Da tempo si rifletteva su come collaborare sul tema, anche perché molti giornalisti, attivisti, professionisti della comunicazione manifestavano una simile esigenza. E molti esperti più “tecnici” (sviluppatori, esperti di data visualization, grafici) volevano mettere le loro competenze a servizio di un racconto più profondo e umano.

Abbiamo valutato che servisse un incontro fisico tra queste persone, più lungo di una semplice conferenza o di una hackathon, in cui ci fosse spazio per capire i vari aspetti del tema e lavorare insieme su modi nuovi di raccontare questa crisi umanitaria.

Così è nato The 19 Million Project, unendo conoscenza del tema, visione a tutto campo e capacità di affrontare il tema con tecnologia avanzata e risorse ed etica giornalistica.

‪2- Quali sono stati i risultati dell’incontro di novembre?‬

Le due settimane di evento hanno visto la partecipazione di 150 persone da 27 Paesi.

Sono stati formati gruppi di lavoro, che hanno creato 13 progetti, oggi a vari stadi di sviluppo, alcuni più focalizzati sull’aspetto giornalistico, altri più sull’empatia e l’accoglienza ai rifugiati. Si è parlato di The 19 Million Project in USA, Francia, UK, Argentina, Messico, Libano, Australia, Sudafrica.

E in Italia abbiamo già dato piena vita a uno dei progetti: noi di CILD abbiamo dato vita a una piattaforma importante: openmigration.org è il nostro contributo per andare nella direzione tracciata con il progetto. Si tratta di un sito informativo – basato su dati, storie e fact-checking che metta al centro la dignità e i diritti fondamentali delle persone.

Lo abbiamo lanciato il 28 dicembre, sei settimane dopo The 19 Million Project: era un’idea a cui lavoravamo da tempo e che The 19 Million Project ci ha aiutato a definire e arricchire.

3- Chi fosse interessato come potrebbe collaborare e entrare a far parte ‬‪del progetto?‬

The 19 Million Project è una rete, non un’organizzazione centralizzata. Per ora non sono previsti altri grandi incontri come quello di Roma, ma il lavoro della community internazionale che si è creata prosegue in molti modi.

indexCome detto, ci sono molti progetti realizzati (come OpenMigration) e altri ancora in fase di definizione. Ma la cosa più importante è che si è creata una rete di conoscenze, competenze, persone: ci sono molti più scambi e collaborazioni in corso dei singoli progetti. E poiché molti dei partecipanti lavorano in redazioni giornalistiche di tutto il mondo, pensiamo che un po’ di quella cultura creata e sperimentata assieme abbia viaggiato e possa farlo ancora.

Come OpenMigration siamo aperti a collaborazioni e partnership – e siamo certi che anche i creatori degli altri progetti lo siano!

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