Si può dire, si può fare qualcosa dopo un disastro come quello di sabato 18 aprile, in un mare che sembra lontano mille miglia dalla vita delle nostre città? Almeno chi legge (e scrive) Vie di fuga molto poco, almeno oggi… Tranne forse ricordare il «dovere di solidarietà» che oggi come non mai, come ha affermato mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, «chiama in causa l’Europa, ma anche le organizzazioni internazionali come l’ONU, sollecitando tre azioni». Subito, elenca e spiega Perego, è necessaria un’azione navale europea nel Mediterraneo, che sull’esempio di Mare nostrum non si limiti a presidiare i confini, ma costruisca «veri e propri percorsi di salvezza, canali umanitari per le persone e i popoli in fuga». In secondo luogo, occorre alimentare «un piano sociale europeo che vada a rafforzare non solo l’accoglienza di chi chiede protezione nelle sue diverse forme, ma valutando anche forme nuove di riconoscimento in tempi brevi, che permettano una circolazione e una tutela dei richiedenti asilo in tutti e 28 i Paesi europei». Infine, in terzo luogo, occorre «un’azione internazionale congiunta che abbia l’obiettivo della pace e della sicurezza nel Nord Africa, nel Medio Oriente e nel Corno d’Africa». Nei giorni scorsi una sintetica analisi di Perego aveva già cercato di interpretare la cronaca delle ultime settimane nel Mediterraneo in un quadro più vasto rispetto agli slogan di “invasione” ed “emergenza”. A chi parla di “invasione” di migranti e richiedenti asilo Perego ribatteva tra l’altro: «Sono numeri ancora insignificanti. Diventano significativi per noi solo perché dal 2011