Secondo dati UNHCR, sono stati 26.551 i richiedenti asilo in Italia in tutto il 2020, il 40% in meno rispetto al 2019. Rotta balcanica, ormai anche l’agenzia ONU avverte esplicitamente: rifugiati e migranti in condizione di vulnerabilità intercettati in Italia hanno continuato a essere “riammessi” in Slovenia senza poter chiedere protezione nel nostro Paese. Progetto antiviolenza Di.Re e UNHCR: accolte 300 donne “invisibili”. ***Aggiornamento: il Tribunale di Roma riconosce il diritto a entrare in Italia a un richiedente asilo pakistano (assistito da due avvocate dell’ASGI) che aveva subito una “riammissione a catena” finita in Bosnia***.
* Fra gli sbarcati, 107.212 i provenienti dalla Libia. ** Fra gli sbarcati, 12.977 i provenienti dalla Libia. *** Fra gli sbarcati: 75% uomini, 6% donne, 5% minori accompagnati e 14% minori non accompagnati; cittadinanze principali: Tunisia, Bangladesh, Costa d’Avorio, Algeria, Pakistan; solo 4.500 dei migranti/rifugiati arrivati sono sbarcati dopo essere stati soccorsi in alto mare dalle autorità o dalle ONG: tutti gli altri sono arrivati con “sbarchi autonomi”. Richiedenti asilo: dato non ancora consolidato. Fonte: elaborazione Vie di fuga su dati Report asilo 2020 Fond. Migrantes, Dip. Libertà civili e immigrazione e UNHCR 2021.
Nel 2020 hanno chiesto asilo in Italia circa 26.551 persone, quasi il 40% in meno rispetto al 2019. Dopo tre anni, per la prima volta il numero di richiedenti è inferiore alle persone sbarcate, 34.154. Il grafico qui sopra presenta queste due cifre nel contesto degli ultimi anni: entrambe si collocano a livelli drasticamente inferiori in rapporto al quadriennio 2014-2017.
La fonte del dato 2020 sui richiedenti protezione (il primo ad essere pubblicato per tutto l’anno scorso, per quanto non sia ancora consolidato) è l’UNHCR, che in un nuovo factsheet dedicato al nostro Paese registra anche le domande d’asilo esaminate da gennaio a settembre 2020, 29.547. Questi esiti hanno visto il riconoscimento di protezione internazionale (status di rifugiato o protezione sussidiaria) solo nel 21% dei casi .
«Le misure di prevenzione del COVID-19 hanno continuato a influenzare il lavoro degli oltre 40 uffici territoriali per la valutazione delle richieste d’asilo – annota l’UNHCR -. Per limitare i rischi di infezione, in gran parte delle sedi si sono programmati meno colloqui del solito».
Oltre agli arrivi via mare, l’agenzia ONU per i rifugiati segnala i circa 4.100 migranti rintracciati nell’anno in Friuli-Venezia Giulia subito dopo che avevano attraversato il confine con la Slovenia, «spesso a seguito di viaggi estenuanti attraverso l’Europa sudorientale».
Ormai anche l’UNHCR avverte esplicitamente: «Rifugiati e migranti in condizione di vulnerabilità intercettati in Italia hanno continuato a essere riammessi in Slovenia attraverso procedure rapide che hanno loro impedito di cercare protezione nel Paese».
***Aggiornamento: il 18 gennaio il Tribunale di Roma ha riconosciuto il diritto a entrare in Italia a un richiedente asilo pakistano che aveva subito una “riammissione a catena” dal nostro Paese fino in Bosnia, via Slovenia e Croazia. Informa l’Associazione di studi giuridici sull’immigrazione: «La decisione, ottenuta dalle avvocate Caterina Bove e Anna Brambilla dell’ASGI, grazie alla testimonianza raccolta da Border Violence Monitoring Network (BVMN) e dal giornalista Martin Gottske, è frutto della collaborazione con tutte le realtà impegnate nel documentare e contrastare le violenze cui sono soggette le persone lungo la rotta balcanica, e rappresenta un tassello fondamentale per il ripristino della legalità alla frontiera orientale italiana».*** |
Sono 300 le donne “invisibili” accolte nel progetto Leaving violence, living safe della rete Di.Re con il sostegno dell’UNHCRNello scorso dicembre sono state presentate da D.i.Re, la rete che unisce 80 centri antiviolenza, e dall’UNHCR le Proposte strategiche per migliorare la risposta del sistema antiviolenza italiano ai bisogni specifici delle donne migranti richiedenti asilo e rifugiate che hanno subito violenza. Il documento è frutto del progetto Leaving violence, living safe realizzato da D.i.Re con il supporto dell’agenzia ONU per i rifugiati a partire dal 2017, per facilitare l’accesso delle donne rifugiate e richiedenti asilo al supporto offerto dai centri della rete. Sono 71 i centri antiviolenza della rete D.i.Re che hanno preso parte al progetto. Le donne accolte sono state 301 e sono state formate 179 operatrici e 50 mediatrici culturali, avviando una collaborazione stabile con 42 di esse. «Nel sistema antiviolenza italiano – spiega l’UNHCR in una nota – le donne migranti richiedenti asilo e rifugiate restano ancora in larga parte “invisibili”, oppure vengono confinate soprattutto nei percorsi anti-tratta, che riguardano però solo una parte di loro». Le Proposte strategiche emerse dal progetto «guardano ai percorsi di fuoriuscita dalla violenza secondo i principi della Convenzione di Istanbul, ovvero come un continuum che deve andare dall’accoglienza telefonica all’autonomia, compreso l’inserimento lavorativo». |
Allegato
Il factsheet Italia dell’UNHCR (file .pdf, in inglese, gennaio 2021)
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