Maurizio Pagliassotti, Ancora 12 chilometri, Bollati Boringhieri, Torino, 2019
L’ultimo libro di Maurizio Pagliassotti racconta un tratto di strada. Una strada che unisce continenti lontani a luoghi vicini. Una strada che parte da villaggi sperduti o città caotiche di Asia e Africa e arriva fino a luoghi alpini, così noti agli amanti delle Alpi: Claviere, Briançon, Alta Val Chisone, Val Susa.
La rotta migratoria per la maggior parte dei cittadini europei si consuma esclusivamente nel mar Mediterraneo. Oggi qualcuno, ma comunque poche persone, potrebbe aggiungere la Bosnia, i Balcani. Ma tutto si fermerebbe lì. Per il vecchio adagio che si esiste solo se si è sotto i riflettori, gli immigrati esistono solo laddove fanno notizia: affogati nel mar Mediterraneo, congelati nei boschi bosniaci, morti asfissiati sui camion che valicano i confini d’Europa.
Pagliassotti nel suo libro “Ancora 12 chilometri” si concentra su 12 singoli chilometri di quello che è un viaggio, una migrazione di migliaia di chilometri. E lo fa per rimettere ordine nelle vuote narrazioni di cronaca che si occupano del singolo fatto e non della Storia del nostro tempo.
I 12 chilometri sono quelli che separano l’Italia dalla Francia via Alpi, Claviere, terra italiana da Briançon, terra francese. In quei 12 chilometri “passa un’intera umanità che cerca la salvezza come i polmoni cercano l’aria. È un’umanità che non si può fermare, che non conosce ostacoli, infinitamente più forte e motivata di noi.“
Pagliassotti è disarmante nella sua semplicità, nel suo raccontare di luoghi (racchiusi in quei 12 chilometri), di gesti, di sogni e di volontà, simboli di una immigrazione che non finirà ma aumenterà negli anni perché, noi, la continuiamo ad alimentare.
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