Nuovo appello a favore delle due giovani donne di cittadinanza iraniana accusate di “favoreggiamento dell’immigrazione irregolare”. La loro vicenda, fra l’altro, chiama in causa una importante questione legislativa. On line il testo del documento, sottoscritto fra gli altri dalla Fondazione Migrantes. Ieri il Tribunale di Crotone ha respinto la richiesta degli arresti domiciliari per Majidi, che rimane detenuta nel carcere di Reggio Calabria.
Maysoon Majidi è una regista e attrice curdo-iraniana di 28 anni. Attiva nel proprio Paese con un impegno sociale, politico e culturale a promozione dei diritti per cui è stata licenziata dall’Università in cui lavorava, nel 2023 ha lasciato l’Iran cercando di fuggire dal regime oppressivo che vige nel Paese e sulla vita delle persone che lo abitano. Un regime diventato ancora più soffocante dopo le rivolte nate a seguito dell’uccisione di Mahsa Jina Amini e conosciuta in tutto il mondo con lo slogan “Donna Vita Libertà”. I giovani e le donne sono diventati il bersaglio principale della repressione, che ha portato ad arresti e detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate, torture, violenze, assassinii. È di fronte a tutto questo che Maysoon Majidi è fuggita in cerca di protezione, arrivando sulle coste calabresi il 31 dicembre 2023.
Ora però Maysoon Majidi si trova nel carcere di Reggio Calabria, in cui è stata trasferita il 5 luglio, dopo sei mesi di detenzione nel carcere di Castrovillari. L’accusa con cui è detenuta è favoreggiamento dell’immigrazione irregolare ai sensi dell’art. 12 del Testo Unico sull’immigrazione. Nello specifico, è accusata di essere una scafista.
Le accuse contro Maysoon sarebbero arrivate da due compagni di traversata, che peraltro, in seguito, si sarebbero messi in contatto con il difensore di Maysoon Majidi, spiegando di essere stati non trafficati, bensì aiutati dalla ventisettenne, che non avrebbero mai accusato di essere la capitana dell’imbarcazione su cui viaggiavano.
In una situazione molto simile si trova Marjan Jamali. Anche lei iraniana di 29 anni, oggi è ospitata insieme al figlio di otto anni dalla cooperativa “Jungi Mundu” a Camini, così come deciso dal Tribunale del riesame di Reggio Calabria. Il suo processo è in corso al Tribunale di Locri. Secondo l’accusa, Marjam Jamali faceva parte di un gruppo di circa 100 persone soccorse dalle autorità italiane a fine ottobre 2023 a bordo di una barca a vela al largo delle coste calabresi. Insieme al figlio è fuggita dalla violenza del compagno e del regime iraniano.
Ma a due giorni dallo sbarco nel porto di Roccella Jonica, anche Marjan è stata arrestata con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, a seguito delle dichiarazioni rese da tre cittadini irakeni – poi spariti – che si trovavano con lei sull’imbarcazione. Altri testimoni avrebbero dichiarato il contrario, mentre Marjan ha denunciato un tentativo di violenza sessuale da parte dei tre.
La vicenda delle due donne chiama in causa, fra l’altro, una importante questione legislativa.
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