Il 13% delle abitazioni italiane rimane sfitto, inabitato o sottoutilizzato. Ma nelle città affitti e prezzi proibitivi spingono verso periferie sempre più lontane e impoverite anche i giovani e persino famiglie a medio reddito. Mentre «i centri storici assomigliano sempre più a parchi giochi per turisti o a enclave dorate con fossati difficili da attraversare».
«Sempre più sono le persone che si vedono negare una casa in affitto perché sono straniere, per il colore della pelle o perché portano il velo, anche se hanno un buon contratto di lavoro a tempo indeterminato e a volte sono cittadini e cittadine italiani».
Lo denunciava all’inizio del 2025, su Vie di fuga, la Rete militante e antirazzista per l’abitare (RAMA). Ma era la stessa RAMA a riconoscere che l’“emergenza casa” è ormai un problema strutturale della nostra società.
È lo stigma dei 96.200 senza tetto e senza dimora censiti nelle anagrafi italiane, per il 38% cittadini stranieri.
Una delle tante forme di disagio abitativo (mancanza o precarietà di alloggio, problemi di sfratto/affitto) assedia quasi un quarto delle persone che chiedono aiuto alla rete nazionale della Caritas. Questa proporzione sale fino al 27% se si considera l’utenza dei centri diocesani Caritas senza cittadinanza italiana (cf. il Rapporto povertà Caritas 2024, p. 100).
Il 13% delle abitazioni italiane rimane sfitto, inabitato o sottoutilizzato. Ma nelle città affitti e prezzi proibitivi spingono da tempo verso «una periferia sempre più lontana e impoverita» anche i giovani e persino famiglie a medio reddito. Mentre «i centri storici assomigliano sempre più a parchi giochi per turisti o a enclave dorate con fossati difficili da attraversare che separano le classi sociali», come ha denunciato una recente inchiesta su Repubblica.it.
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