* di Adele Manassero
Dal 19 al 26 luglio si è svolta la V edizione del campo estivo di Amnesty International a Lampedusa. Una voce dal campo racconta l’esperienza attraverso alcuni spunti tematici.
È appena terminata una settimana intensa di formazione e educazione all’attivismo per i diritti umani a Lampedusa con Amnesty International. Da cinque anni questo campo estivo rappresenta un’opportunità per approfondire il tema attraverso numerosi incontri con esperti di diversi settori, ma anche un’occasione di attivismo attraverso la strutturazione di una mobilitazione collettiva. Un percorso formativo ha messo in luce la ricerca e le attività di Amnesty International, ma ha dato anche spazio ad altre voci dall’isola e sull’isola sottolineando la pluralità di attori, specialisti e punti di vista sul tema delle migrazioni e dei diritti umani.
Dirigendo lo sguardo dall’esterno all’interno del fenomeno migratorio, inizio il mio racconto dell’esperienza del campo dall’incontro con la giornalista Martina Chichi, facente parte dell’Associazione Carta di Roma, su “La rappresentazione mediatica di migranti e immigrazione” e quindi sulla promozione di un codice deontologico dei giornalisti sul tema dei migranti, dei richiedenti asilo, dei titolari di protezione internazionale e delle vittime di tratta. Attività di monitoraggio della carta stampata, del web e delle TV, formazione nelle redazioni e nelle scuole di giornalismo e mantenimento di un osservatorio delle violazioni più frequenti costituiscono le tre colonne portanti dell’associazione.
Sempre di più ci si misura con violazioni di vario tipo che vanno dall’etnicizzazione della notizia, all’esposizione contradditoria e sommaria delle notizie, alla mancanza di pluralità di voci, fino all’utilizzo di immagini non collegate alla notizia o di fotografie ritraenti persone che rischiano ripercussioni personali. Riflettere perciò su come e chi racconta le migrazioni rimane fondamentale, soprattutto laddove i giornalisti cercano di assottigliare la linea tra libertà d’informazione, diritto critico e scorrettezza vanificando gli sforzi dell’associazione e restituendo falsità, distorsioni della realtà e semplificazioni.
A raccontare le migrazioni non sono solamente le parole, ma anche (e forse soprattutto) le immagini. Di questo ci ha parlato Francesco Piobbichi, a Lampedusa per il progetto Mediterranean Hope della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI) finanziato con i fondi 8 per mille delle Chiese Valdesi e Metodiste. Con i suoi dipinti carichi di colore e il suo carisma ci ha trasmesso tutte le emozioni di chi sente l’esigenza di raccontare in modo alternativo ciò che vede e ascolta viaggiando lungo le frontiere della Fortezza Europa. Raccontare le migrazioni in modo diverso si può fare e si deve fare per amor del vero e per giustizia morale.
Spostando lo sguardo verso l’interno, ci siamo concentrati sulle operazioni di ricerca e soccorso in mare da più angolature.
“L’Europa non esiste, al massimo si può dire che alcuni Paesi si uniscono per determinati interessi”, sostiene l’avvocato e attivista Fulvio Vassallo Paleologo riferendosi all’assenza di solidarietà per i Paesi di primo approdo e alla costruzione di nuovi muri alle frontiere europee. L’avvocato, ripercorrendo il cambiamento delle attività di ricerca e soccorso in mare a partire da Mare Nostrum fino alla situazione ibrida attuale composta dall’ampliamento di Triton e da iniziative private (MSF, MOAS e SeaWatch), ha introdotto l’intervento dei due volontari dell’iniziativa tedesca “SeaWatch” interamente finanziata da privati. “Noi sentiamo una assoluta responsabilità, non vogliamo assolutamente restare immobili e incantati a guardare la sofferenza e la morte”. Per questo SeaWatch si propone sia di salvare delle vite, attraverso missioni di quindici giorni in mare aperto alla ricerca di barconi e gommoni che rischierebbero di non essere avvistati e segnalati alle autorità, sia di dare un forte messaggio politico ai governi europei e in particolare a quello tedesco.
In stretto coordinamento con tutta la rete di ricerca e soccorso in mare, i volontari assicurano occhi in più nella ricerca ed eventualmente un primo soccorso qualora fosse necessario, grazie all’utilizzo di piattaforme incapsulate monouso da 25 o 65 posti per la messa in sicurezza dei naufraghi e alla distribuzione di giubbini di salvataggio. Pur non potendo trasportare le persone sulla loro imbarcazione fino a terra, il loro contributo per la salvaguardia della vita umana in mare costituisce un forte messaggio della società civile contro l’indifferenza delle navi che spegnendo i radar non risultano raggiungibili, anche se in vicinanza di un ipotetico gommone che chiede soccorso, e contro l’indifferenza dei governi europei.
Nello stesso discorso si è inserito l’intervento di Giuseppe Cannarile, tenente di vascello della Guardia Costiera di Lampedusa giunto a fine mandato dopo 3 anni e 9 mesi di servizio a Lampedusa. “La normalità non è soccorrerli, la normalità è che questi barconi fatiscenti affondino […] Ogni soccorso è un miracolo”. Portavoce del diritto del mare, secondo il quale la condizione giuridica di chi viene soccorso in mare è quella di “Naufrago” e non di “Clandestino” o “Migrante economico” o “Rifugiato” o altro, Cannarile ha voluto sottolineare che la Guardia Costiera non ha compiti di contrasto all’immigrazione, traffico di droga o altro. La priorità è quella di salvare vite umane, priorità non condivisa da tutti gli attori presenti ad oggi nel Mediterraneo.
Terminando il nostro percorso, abbiamo avuto la possibilità di ascoltare una storia di chi la migrazione l’ha vissuta sulla propria pelle. Una storia come molte altre di persecuzione personale e abbandono forzato del proprio Paese, ma allo stesso tempo una storia unica, vissuta e raccontata in prima persona: si tratta della storia di Kareem Muhammad Hussein, ingegnere civile iracheno di 34 anni.
Kareem gestiva l’assegnazione di appalti per progetti nel settore idrico in Iraq, finché non ha rifiutato tentativi di corruzione da parte di alcune aziende, poi rivelatisi supportate da gruppi armati, e ha denunciato invano la cosa ai suoi superiori. “La reazione alla mia denuncia è stata violenta: hanno bruciato la mia casa e mi hanno sparato al braccio”. Così nel 2014 è stato costretto a pagare 15.000$ per rifare il passaporto e poter uscire dal suo Paese, ha intrapreso un lungo viaggio attraverso Istanbul, Milano, Praga e infine è giunto a Helsinki. Qui ha iniziato la procedura per la richiesta d’asilo, ma è stato “dublinato” e rimandato in Italia dove si trova dal 18 dicembre. Accolto in una struttura SPRAR gestita da una cooperativa coinvolta nello scandalo di Mafia Capitale, non ha ancora avuto possibilità di studiare la lingua italiana e di avere supporto psicologico. Il 19 luglio, il nostro primo giorno di campo, la sua richiesta d’asilo in Italia è stata accolta. Il suo primo progetto ora è quello di imparare la lingua e di farsi convalidare i titoli di studio iracheni così da potersi ricostruire un futuro.
Altre storie ci sono state raccontate a tratti dall’avvocatessa per i diritti umani Alessandra Ballerini che ha presentato il suo libro “La vita ti sia lieve. Storie di migranti e altri esclusi” (2013) presso l’Archivio Storico di Lampedusa, intervistata dall’amica Paola La Rosa, portavoce insostituibile dell’isola.
Il campo di Amnesty International infine non è stato solo formazione-informazione, ma ha costituito anche un’occasione di educazione all’attivismo. Per questo motivo, la seconda parte del campo è stata dedicata ad un workshop in preparazione ad una mobilitazione collettiva che ha visto coinvolti tutti i partecipanti al campo. Con il supporto e la guida dell’illustratore Lorenzo Terranera abbiamo dipinto 26 quadri ciascuno corrispondente ad una lettera dell’alfabeto, iniziale di una parola-simbolo del viaggio, il viaggio delle persone che tentano di giungere in questa Europa via mare o via terra. “L’alfabeto del viaggio” è stato esposto nel centro di Lampedusa e ha preso vita come mostra parlante, coinvolgendo attivamente sia i partecipanti al campo che i turisti o lampedusani impegnati nella passeggiata della sera in una delle più belle isole del Mediterraneo, ma questa è un’altra storia…
Alcuni link di approfondimento dei temi trattati:
Il sito dell’Associazione Carta d Roma: www.cartadiroma.org
Il blog di Mediterranean Hope: https://mediterraneanhope.wordpress.com
Il blog dell’avvocato Fulvio Vassallo Paleologo: http://dirittiefrontiere.blogspot.com
Il sito della iniziativa privata tedesca SeaWatch: http://sea-watch.org/it
Lo storyfy della presentazione del libro di Alessandra Ballerini: https://storify.com/amnestyitalia/campo-di-lampedusa
Il blog del campo: http://campi.amnesty.it/2015/blog
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