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L’Italia ha sottoscritto con Libia, Tunisia, Algeria ed Egitto 22 fra trattati, accordi, protocolli, addendum a protocolli, memorandum, “scambi di note” e “processi verbali” per la riammissione di migranti e la cooperazione di polizia. Ma di otto di questi documenti le nostre autorità non hanno reso pubblico il contenuto. Secondo un recente rapporto di ricerca sul “Diritto alla protezione” nel nostro Paese, questi accordi bilaterali «spesso assumono la forma di intese a carattere tecnico, sottratte a ogni controllo parlamentare, e non sempre sono pubblici, comportando un’importante mancanza di trasparenza».

Algeria, Egitto, Libia e Tunisia: l’Italia al buon vicinato ci tiene, e ha sottoscritto con questi Paesi qualcosa come 22 fra trattati, accordi, protocolli, addendum a protocolli, memorandum, “scambi di note” e “processi verbali” per la riammissione di migranti e la cooperazione di polizia. Il documento più vecchio porta la data del 1988 ed è un memorandum sottoscritto con l’Egitto, il più recente è il “processo verbale” di un incontro tra una delegazione italiana e una libica avvenuto il 3 aprile 2012. Tranne il memorandum italo-egiziano, tutti i documenti sono sono compresi fra il 1999 e il 2012, cioé nell’ “era” delle leggi Napolitano-Turco e Bossi-Fini.

Di 8 dei 22 documenti le nostre autorità non hanno reso pubblico il contenuto. Si trovano in quest’ultimo “dossier” tre documenti in materia di «cooperazione di polizia», di lotta al terrorismo, al traffico di droga e all’immigrazione clandestina (Egitto e Algeria), ma anche lo specifico accordo in materia di riammissione di immigrati clandestini con l’Egitto del 2007; i due protocolli del 2009 e 2010 firmati con la Libia di Muhammar Gheddafi per l’attuazione dell’accordo del 2000 contro terrorismo, narcotraffico, criminalità organizzata e di nuovo l’immigrazione clandestina; infine, i due memorandum di intesa sottoscritti con la Tunisia nel 2009 e nel 2011.

«Gli accordi bilaterali di polizia e di riammissione dei migranti irregolari spesso assumono la forma di intese a carattere tecnico, sottratte a ogni controllo parlamentare, e non sempre sono pubblici, comportando un’importante mancanza di trasparenza», riassume il rapporto Accesso alla protezione: un diritto umano pubblicato di recente dal Cir (Consiglio italiano rifugiati) in versione integrale.

Diritto d’asilo: chi l’ha visto?

«Altra fondamentale criticità degli accordi bilaterali consiste nel fatto che spesso non contemplano disposizioni relative al rispetto dei diritti umani – continua il rapporto – e in nessun caso contengono tutele specifiche per i migranti e i richiedenti asilo. Tale fattore è particolarmente rilevante in relazione alla Libia, paese non firmatario della Convenzione di Ginevra del 1951 e nel quale gli abusi commessi a scapito di migranti e potenziali richiedenti asilo è ampiamente documentato».

«Gli accordi di riammissione, inoltre, introducono procedure accelerate per l’identificazione e il rimpatrio di quei migranti, cui l’accordo si applica, entrati irregolarmente in Italia. Tali procedure sono diverse rispetto alle modalità di esecuzione del respingimento e dell’espulsione degli altri stranieri non soggetti all’accordo, comportando nella prassi una netta diminuzione delle garanzie loro riconosciute dalla normativa nazionale, europea ed internazionale». In pratica, quello costruito da questi accordi con i quattro Paesi è un sistema che sembra fare di tutto per ostacolare il diritto d’asilo.

Il rapporto Accesso alla protezione è stato realizzato nell’ambito del progetto “Access to Protection: a Human Right”. Questa iniziativa è finanziata dallo European Programme for Integration and Migration (Epim) e intende verificare come i principi stabiliti dalla Corte europea dei diritti umani e
dalla normativa dell’Ue siano attuati in sei Paesi, formulando “raccomandazioni” basate sulla ricerca e sugli incontri con una serie di “stakeholder“.

Oltre all’Italia, il progetto ha preso in esame la situazione di Germania, Ungheria, Malta, Grecia e Spagna. Tre i grandi temi indagati nella ricerca fra normative e prassi: il principio di non-refoulement, i diritti relativi all’accesso alla protezione e le garanzie procedurali, il divieto delle espulsioni collettive.

Scheda – 2013: cronache (e retroscena) dalla frontiera

GLI SBARCHI – Dal 1° gennaio al 14 ottobre 2013 sono sbarcati sulle coste italiane 35.035 migranti e potenziali richiedenti asilo, di cui 9.805 siriani, 8.443 eritrei, 3.140 somali, 1.058 maliani e 879 afgani. Il 70%, cioé circa 24.000 persone, «necessitano» di protezione internazionale. I porti di provenienza si trovano soprattutto in Libia, seguita dall’Egitto, dalla Turchia, dalla Grecia e dalla Siria.

“SIGNORNO’, NON POSSO LASCIARLI IN LIBIA” – Ad oggi mancano ancora «regole chiare e dettagliate» sugli obblighi degli Stati circa lo sbarco di migranti e sul concetto di “luogo sicuro”»: questa incertezza lascia campo libero ad ampi margini di interpretazione. Come nel caso dei 102 migranti soccorsi il 4 agosto 2013 al largo della Libia dal cargo Salamis: il Centro di coordinamento di soccorso delle capitanerie di porto italiano gli aveva chiesto di lasciarli nel porto più vicino, Tripoli. Il comandante aveva però rifiutato, facendo rotta verso Malta. Le autorità maltesi hanno rifiutato a loro volta l’attracco. Alla fine, solo per le pressioni di organizzazioni del settore, i migranti hanno potuto essere accolti in Italia.

IN RIVA ALL’ADRIATICO/1: RINTRACCIATI – Ai valichi portuali di Ancona, Bari, Brindisi, e Venezia nei soli primi sei mesi del 2013 sono stati “rintracciati” 619 migranti “irregolari” provenienti via mare dalla Grecia. Nel porto di Brindisi sono stati rinviati in Grecia 173 dei 178 migranti arrivati, ad Ancona 178 su 214, a Bari 107 su 135 e a Venezia 71 su 92.

IN RIVA ALL’ADRIATICO/2: MINORI – Sempre nei porti adriatici, ancora quest’anno si sarebbero verificati alcuni casi di respingimenti di minori e rinviati in Grecia senza poter accedere alle misure di protezione previste dalla nostra legislazione. Ad aprile, secondo informazioni comunicate dall’Ong greca Praksis, 3 minori afgani sui 17 anni non sono stati “ammessi” al porto di Ancona perché considerati adulti; i ragazzi non hanno potuto spiegare la loro situazione perché non c’era un interprete; dopo tre giorni di permanenza sulla nave (rinchiusi in un locale e mangiando solo pane) sono stati rimandati in Grecia. A gennaio un minore afgano arrivato al porto di Venezia è stato trattenuto per una notte e rinviato verso la Grecia; ma prima la polizia di frontiera gli avrebbe fatto firmare un foglio senza che il ragazzo, di nuovo privo di un interprete, ne capisse il contenuto. Sempre nello stesso mese sarebbe stato rinviato in Grecia anche un ragazzo tunisino arrivato al porto di Bari, dove aveva dichiarato la minore età.

IN RIVA ALL’ADRIATICO/3: PERCHE’ RESPINTI? – «Alcuni stakeholder intervistati in Puglia hanno denunciato un’altra situazione non in linea con la legislazione vigente. Accade, infatti, che gli stranieri intercettati sul territorio a seguito e in prossimità delle zone di sbarco, una volta intercettati sono condotti nei Cie per essere poi respinti verso la Grecia da dove presumibilmente sono partiti prima di raggiungere le coste pugliesi. Secondo gli intervistati, essi avrebbero ricevuto provvedimenti di respingimento differito dalla Questura di Lecce con accompagnamento alla frontiera marittima di Brindisi, per poi essere affidati ai comandanti dei traghetti greci in applicazione dell’accordo di riammissione Italia-Grecia, anche se queste persone non sono arrivate in Italia su questi vettori, ma su altre imbarcazioni giunte sulle coste pugliesi. A tal proposito si ricorda che, in applicazione del Codice frontiere Schengen, non possono essere attuati respingimenti tra due Stati membri dell’Unione Europea, ma solo verso i Paesi terzi».

CORSIA PREFERENZIALE… PER IL RIMPATRIO – Dall’inizio del 2013 sono centinaia gli egiziani e tunisini rimpatriati senza aver avuto la possibilità di entrare in contatto con le organizzazioni umanitarie che svolgono attività di tutela per rifugiati, vittime di tratta e minori non accompagnati. Il 19 agosto 2013 si è verificato l’ennesimo respingimento di 10 egiziani: trasferiti all’aeroporto di Catania, sono stati rimpatriati su un volo Egyptair in appena 24 ore. «Il Cir aveva chiesto di incontrare i migranti, ma tale richiesta è stata negata così come quella presentata dalle organizzazioni del progetto “Praesidium” (Oim, Unhcr, Croce rossa italiana e Save the Children)».

“SEGNALAZIONE? NO GRAZIE” – Da due mesi circa, migliaia di eritrei e siriani sbarcati a Lampedusa, in Sicilia e Calabria e partiti dall’Egitto e dalla Libia rifiutano la fotosegnalazione per non incorrere nell’applicazione del Regolamento “Dublino II”.

Fonte: sintesi “Vie di fuga” su dati e informazioni del rapporto “Accesso alla protezione”, tranne i dati complessivi sugli sbarchi, che sono stati diffusi dal prefetto Riccardo Compagnucci il 15 ottobre 2013.

Allegato

Il diritto alla protezione (versione integrale, file .pdf 1.006 kbyte)

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