Ancora una volta il Cpsa di Lampedusa (e non solo) è diventato affare europeo: diverse associazioni che aderiscono alla campagna LasciateCIEntrare hanno presentato un esposto-denuncia al Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, al Comitato per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa, all’Unhcr, alla Commissione dell’Unione Europea e al Comitato Europeo per i Diritti Sociali. Gli ultimi sviluppi di una vicenda esplosa a dicembre ma da lungo tempo “annunciata”.
«La condizione dei migranti giunti irregolarmente a Lampedusa, sia per le condizioni materiali di accoglienza che per la mancanza di provvedimenti formali che ne definiscano lo status giuridico, appare qualificabile come un “trattamento inumano e degradante”, vietato dall’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, oltre a costituire una situazione di tensione esasperata che potrebbe produrre gesti di autolesionismo oltre che tentativi di suicidio, come quello verificatosi la scorsa settimana nel Centro per richiedenti asilo di Mineo (Catania), dove un giovane eritreo, in attesa da oltre sette mesi di una risposta sulla sua domanda di asilo, si è impiccato».
E ancora: «I migranti si trovano trattenuti in condizioni oggettivamente inumane e degradanti senza alcun provvedimento né norma di legge a giustificazione della loro detenzione da oltre 70 giorni. […] Non hanno alcuna possibilità di adire alla magistratura italiana perché nessun provvedimento di trattenimento è stato mai loro notificato»…
Ancora una volta il Cpsa (Centro di primo soccorso e accoglienza) di Lampedusa è diventato affare europeo. Diverse associazioni che aderiscono alla campagna LasciateCIEntrare, fra cui l’Asgi, hanno presentato alla fine di dicembre un esposto-denuncia al Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, al Comitato per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa, all’Unhcr, alla Commissione dell’Unione Europea e al Comitato Europeo per i Diritti Sociali.
Professione “emergenza”
Al centro del documento di LasciateCIEntrare, i 17 cittadini eritrei e siriani “trattenuti” da oltre due mesi al Cpsa di Contrada Imbriacola dopo essere sopravvissuti ai naufragi del 3 e 11 ottobre 2013. Si tratta degli ultimi “ospiti” rimasti nel centro dopo il clamoroso gesto di protesta del deputato Khalid Chaouki, in qualità di testimoni dei due disastri (da 17 sono poi diminuiti di qualche unità: fra loro, alla vigilia dell’anno nuovo, il giovane siriano ancora di nome Khalid che aveva girato il video sulle “docce anti-scabbia” di metà dicembre ha deciso di continuare il suo viaggio migratorio lasciando Lampedusa).
Nei giorni scorsi tre commissari della Legacoop SIcilia hanno visitato il Cpsa in seguito alla vicenda delle “docce” (e dell’intera gestione del Cpsa). Il verdetto: «Un centro da chiudere. Un centro che sembra un lager. Un centro d’accoglienza senza i requisiti minimi richiesti in un carcere».
I vertici dell’ente gestore, Lampedusa Accoglienza, erano già stati azzerati e sostituiti con un amministratore esterno. Ancora prima, il ministro dell’Interno Alfano aveva garantito l’«avvio» della procedura di risoluzione della convenzione con Lampedusa Accoglienza». L’ente fa riferimento al consorzio di cooperazione sociale Sisifo, a sua volta alla guida dell'”associazione temporanea d’impresa” che gestisce un’altra discussa struttura emergenziale, il Cara (Centro accoglienza richiedenti asilo) di Mineo. Lampedusa Accoglienza, secondo un’inchiesta dell’Espresso, riceveva dallo Stato 30 euro al giorno per ogni ospite profugo o migrante.
Cpsa 48 ore, Cara 35 giorni: i tempi di un Paese normale…
Il 18 dicembre 2013, Giornata internazionale del migrante e dopo l’uscita del video sulle “docce” di Contrada Imbriacola, il Cir aveva avanzato richieste precise. Prima di tutto, il Cpsa dovrebbe essere… un Cpsa sul serio, cioè un centro «dove i migranti dovrebbero stare per circa 48 ore in attesa di un trasferimento» in altri centri.
Ma questo non basta, aveva aggiunto il direttore del Cir Christopher Hein: «Se questo è il primo passaggio per garantire una prima accoglienza dignitosa, deve poi essere certo che nei centri governativi, i cosiddetti Cara, i richiedenti asilo non stiano più di 35 giorni, come previsto dalla legge. Dopo devono essere trasferiti in centri più piccoli, per favorire il loro percorso di integrazione. Oggi ci sono richiedenti asilo e rifugiati che passano mesi, a volte anche più di un anno, in centri dove possono essere stipati fino a 4.000 migranti (Mineo, ndr): cosa ne sarà di loro alla fine di un periodo di accoglienza fatto di vuoto e di carenza di servizi e opportunità? L’accoglienza, dopo un primissimo periodo, deve essere data in centri piccoli dislocati su tutto il territorio: i centri governativi devono essere solamente di transito e progressivamente svuotati. In questo modo non solo si favorisce l’integrazione dei rifugiati, ma si possono anche porre limiti al grande business dell’immigrazione».
Dàgli al gestore “cattivo”?
Ma per il momento, denuncia ancora Hein, «in Italia molti servizi per l’immigrazione, dai grandi centri di accoglienza governativi agli sportelli di informazione e assistenza ai valichi aeroportuali, vengono affidati sulla base di un solo principio: quello dell’offerta economica più vantaggiosa. C’è un business dell’immigrazione inaccettabile, parliamo di commesse da milioni di euro su cui molti si stanno arricchendo, dove i diritti delle persone scompaiono». E tuttavia, «c’è il rischio che ora la responsabilità di quanto avvenuto sia attribuita esclusivamente all’ente gestore, quando in realtà si deve inserire in un sistema di cui è responsabile lo Stato, in primis il Ministero dell’Interno e la Prefettura».
Collegamenti
L’Asgi: “Nella Giornata del migrante si squarcia il velo sulle pratiche di accoglienza”
La preoccupazione della commissaria europea agli Affari Interni C. Malmström (in inglese)
Mineo: “Torna l’emergenza” (Migrantes-Avvenire)
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