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Canarie, la Caritas diocesana: “Noi, nelle isole carceri per migranti, tra blocco e abbandono”

L’appello di denuncia e proposta della Cáritas Diocesana de Canarias sulla difficile situazione nell’arcipelago atlantico, dove sono bloccate migliaia di persone. «Bisogna ripristinare al più presto la libera circolazione dei migranti in tutto il territorio del Paese e nel resto dell’UE». Nel 2020 gli arrivi di rifugiati e migranti nell’arcipelago sono stati 23 mila: nove volte il dato del 2019.

Hanno affrontato l’Atlantico con queste: le “pateras” e i “cayucos” adoperati da migranti e rifugiati sulla rotta delle Canarie (Arguineguín, Gran Canaria, foto S. Prestianni/EuroMed Rights 2020).

 

«Ripristinare al più presto la libera circolazione dei migranti nella Penisola e nel resto dell’Unione Europea, in modo che possano ricongiungersi alle famiglie, continuare il loro cammino in fuga da guerre, povertà e miseria. E cercare di migliorare la loro condizione, che è poi l’obiettivo di questo viaggio rischioso in cui hanno messo in gioco la vita».

La «Penisola» naturalmente è quella iberica. E l’appello è stato lanciato di recente dalla Cáritas Diocesana de Canarias, che ha denunciato la grave situazione che si vive da mesi in questo arcipelago, territorio spagnolo. 

Cliccare per ingrandire: l’area della rotta atlantica delle Canarie (da Caminando Fronteras).

Nel 2020 gli arrivi di rifugiati e migranti alle Canarie sono stati 23 mila: nove volte il dato del 2019 e oltre la metà del totale degli arrivi in territorio spagnolo nell’anno. 

Dal 2018, come riassume l’associazione Caminando Fronteras, «la militarizzazione e gli alti livelli di violenza che i migranti devono affrontare sulle rotte a Nord obbligano le persone a viaggiare lungo la rotta occidentale verso le Canarie, anche se sono ben noti sia i suoi pericoli che l’alto tasso di mortalità».

Nel solo 2020, l’UNHCR stima che abbiano perso la vita su questa rotta atlantica almeno 480 rifugiati e migranti: solo la rotta centro-mediterranea è stata più letale.

Un bambino sbarcato al molo di Arguineguín, Gran Canaria (foto EuroMed Rights/E. Bizzi 2020).

Ad oggi restano bloccate nell’arcipelago migliaia di persone (in questo inizio di 2021 ne sono già arrivate oltre 2.200, mentre l’OIM ha notizia di almeno 22 morti nell’oceano), perché Madrid è restia ad assicurare ai richiedenti asilo il diritto di trasferirsi e circolare liberamente sul territorio metropolitano.  Anche se, di recente, l’ufficio del Garante spagnolo (il Defensor del pueblo) ha richiamato la Direzione generale di polizia al «dovere legale di prevenire ogni limitazione del diritto fondamentale alla libertà di movimento e di residenza dei richiedenti protezione che desiderano spostarsi» sul continente dalle Canarie o dalle enclave africane di Ceuta e Melilla.

Il 2020 in Spagna si è concluso con un bilancio di circa 88.800 richieste d’asilo, il 25% in meno rispetto al ’19, presentate da cittadini africani solo in minima parte (per la stragrande maggioranza si tratta di persone fuggite dall’America latina, fonte UNHCR). 

Ma intanto le condizioni di accoglienza sulle Canarie «rimangono carenti, anche in una struttura aperta da poco a Tenerife, la più grande dell’arcipelago – ha riferito proprio in questi giorni lo European Council on Refugees and Exiles (ECRE) -. Le misere condizioni di vita, la violenza di bande locali e la mancanza di prospettive di trasferimento sulla terraferma scatenano proteste a Tenerife e Gran Canaria».

La denuncia più forte e amara rimane però quella della Cáritas de Canarias: «Le politiche adottate dall’UE per il controllo dei flussi migratori, che tendono a convertire territori come le Canarie in carceri per migranti, recinti e luoghi di esternalizzazione delle frontiere e di deportazione, alla fine hanno non poco a che fare con le cause (conflitti armati, povertà, disuguaglianze, cambiamento climatico, spoliazione delle risorse naturali ecc.) che obbligano i migranti a lasciare i loro Paesi d’origine». 

Sulla base della situazione denunciata, la Cáritas Diocesana dell’arcipelago atlantico ha completato il suo appello con una serie di precise richieste allo Stato centrale, alle amministrazioni pubbliche, agli enti locali isolani e a tutti i concittadini. E conclude: «Il ripristino dei canali di trasferimento verso la Penisola e il miglioramento della gestione del programma di accoglienza umanitaria da parte del Governo contribuiranno al miglioramento della convivenza nelle isole».

Gran Canaria: “Arrivano da noi con in mano un foglio di carta…”

(Foto Cáritas Diocesana de Canarias).

“Nel momento in cui i minori migranti alloggiati nei centri di accoglienza diventano maggiorenni, si ritrovano in una situazione di abbandono che li porta sulla strada, senza alloggio, senza risorse, senza cibo né assistenza sanitaria. Accade lo stesso ai migranti che lasciano gli alberghi e gli appartamenti di accoglienza umanitaria, che vengono a trovarsi in una situazione simile.

È preoccupante il fatto che la maggior parte dei migranti affermino di non aver ricevuto informazioni in una lingua che comprendono, né orientamento, né consulenza sulla propria situazione amministrativa nel nostro Paese, il che lascia in difficoltà le persone in condizione di particolare vulnerabilità e fragilità. Molti arrivano in Caritas con lividi e contusioni, sostenendo di essere stati aggrediti, insultati e infastiditi in strada a causa della loro condizione di migranti.

Questa situazione ha fatto sì che il numero di migranti che ogni giorno visitano le mense e i servizi Caritas di avenida de Escaleritas e San Fernando de Maspalomas, ogni giorno in crescita, abbia superato la capacità delle nostre cucine di preparare i pasti necessari. Solo a gennaio il numero di persone che si sono presentate alle nostre mense è aumentato del 72%. I migranti arrivano con un foglio di carta che indica l’indirizzo e gli orari dei servizi di mensa, docce e lavanderia della nostra Caritas diocesana sull’isola di Gran Canaria.

(Cáritas Diocesana de Canarias, febbraio 2021)

Cliccare per ingrandire: gli arrivi di rifugiati e migranti sulla rotta delle Canarie a confronto con le rotte del Mediterraneo (dati pressoché definitivi 2020, fonte UNHCR 2021). Note: 1) Stima. 2) Arrivi via mare dall’Atlantico. 3) Arrivi in territorio spagnolo via mare (e via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla) nel Mediterraneo. 4) Arrivi via mare in Italia e a Malta. 5) Arrivi via mare e via terra in Grecia e via mare a Cipro.

Collegamento

With the forgotten migrants of the Canary Islands (reportage di EuroMed Rights, 2020)

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Osservatorio Isole è uno spazio di testimonianza in prima persona e di analisi sullo stato di malattia del diritto alla protezione internazionale in Europa, e prende le mosse dall’ultima offensiva militare del regime siriano nella provincia di Idlib e dalla conseguente decisione del presidente turco Erdogan di aprire ai profughi i propri confini verso l’Unione europea, alla fine di febbraio 2020.

Gli articoli e le notizie principali sono a cura di Pietro Derossi (pietro_derossi91@outlook.com), laureato in Giurisprudenza all’Università di Torino e abilitato alla professione forense. Derossi vive in Grecia dal giugno 2019, dove ha lavorato con diverse ONG impegnate sul campo nell’assistenza legale dei richiedenti asilo nonché per l’Ufficio Europeo di Sostegno per l’Asilo (EASO). Ha visitato i campi profughi di Samo, Chio e Lesbo, e attualmente risiede a Lesbo. Intende rivolgersi «soprattutto a chi, pur non lavorando nel settore, è cittadino accorto e impegnato a informarsi: costui contribuisce a mantenere intatto il sogno della democrazia».

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by Mauro Biani – Repubblica
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