Il silenzio «fragoroso» delle istituzioni italiane di fronte a richieste e denunce sulla gestione delle frontiere esterne. Le tendenze (preoccupanti) che si profilano all’orizzonte. Le verità che emergono dai numeri e che si fa finta di non vedere. Nelle settimane e nei giorni della strage alla frontiera Nador-Melilla (praticamente già finita nell’oblio) e del vertice intergovernativo di Ankara ne abbiamo discusso con Duccio Facchini, direttore della rivista Altreconomia e coautore del recente libro inchiesta Respinti. Le “sporche frontiere” d’Europa, dai Balcani al Mediterraneo. Duccio Facchini, ecco la nostra domanda numero 1: in questi mesi avete avuto delle reazioni, delle precisazioni da parte delle istituzioni che chiamate pesantemente in causa nelle pagine di Respinti? Pensiamo fra l’altro alla questione dei numeri che “non tornano” sugli sbarchi in Italia (con il vostro mensile siete tornati ad occuparvene ancora di recente), ma anche ai finanziamenti e alle politiche Italia-Libia nel Mediterraneo centrale, alla gestione del confine orientale… «In realtà non c’è stato alcun riscontro significativo ufficiale da parte dei profili istituzionali che sono direttamente coinvolti nel respingere o nel confinare le persone. Proprio sulla questione dati: con noi la Guardia costiera ha sempre avuto un atteggiamento di silenzio fragoroso, negandoci negli anni i report, poi sostenendo che non erano disponibili a causa di “revisioni grafiche in corso”, fino ad arrivare al più classico dei silenzi, sia di fronte alle domande rivolte all’ufficio stampa, secondo i canali canonici dei rapporti con i media, sia di fronte al percorso dell’accesso civico generalizzato. Però