In queste settimane, e proprio nei giorni del “caso” Proactiva Open Arms, sta entrando nel vivo l’“iniziativa civica europea” Welcoming Europe per rafforzare il diritto dei cittadini dell’UE a offrire solidarietà a rifugiati e migranti, mentre l’ONU diffonde nuove denunce sulla situazione agghiacciante dei centri di detenzione in Libia. ***Aggiornamento 19 aprile 2018: la campagna Welcoming Europe presentata in Senato; clicca qui per il sito italiano***.
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«Lo sapevi che puoi essere multato o anche arrestato per il semplice fatto di offrire qualcosa da mangiare a migranti e rifugiati in 12 Paesi membri dell’UE? Centinaia di cittadini sono oggi perseguiti per violazioni della normativa contro il traffico di persone semplicemente per aver offerto solidarietà a persone bisognose». Ma c’è chi ha detto basta. E ha deciso di farlo con uno strumento di democrazia partecipativa ad alto livello, l’“iniziativa civica europea”.
“La solidarietà non è un crimine”
L’iniziativa, battezzata #Welcoming Europe, è stata proposta dal Migration Policy Group di Bruxelles e per l’Italia è coordinata dalla FCEI, la Federazione delle Chiese evangeliche. Fra gli aderenti italiani anche le comunità di accoglienza del CNCA, il Centro Astalli, i Radicali italiani, l’ARCI e la Diaconia valdese.
Registrata presso la Commissione Juncker un mese fa, #Welcoming Europe ha l’obiettivo di raccogliere nell’Unione europea un milione di firme entro il 15 febbraio 2019 e, anche se la raccolta è già operativa, sarà presentata con tutti i mezzi a disposizione ad aprile. Alla fine se l’obiettivo sarà raggiunto la Commissione sarà obbligata a considerare tre proposte.
La prima: «Impedire ai Paesi membri dell’UE di punire i volontari e gli organismi della società civile che offrono aiuto umanitario o alloggio a rifugiati. Chiediamo di emendare la direttiva “Favoreggiamento” (la 2002/90, ndr) per mettere al bando la criminalizzazione della solidarietà».
La seconda: «Garantire più efficaci misure di protezione per le vittime di sfruttamento e crimini in Europa e per chi subisce violazioni dei diritti umani ai suoi confini. Chiediamo di rafforzare le opportunità di denuncia nelle normative sui controlli di frontiera e nella legislazione sul lavoro».
Quanto alla terza proposta, #Welcoming Europe chiede «supporto per i cittadini che desiderano offrire ai rifugiati una nuova casa e una nuova vita» tramite dirette linee di finanziamento a semplici cittadini, autorità locali e ONG. Qui il riferimento è alle iniziative di sponsorship e ai corridoi umanitari promossi dalla società civile.
Reati in libertà
Certo la strada per l’“iniziativa civica” è appena all’inizio, e tutta in salita (clicca qui per seguirne gli sviluppi).
Ma se avesse successo, chissà che piega potrebbero prendere (forse) vicende sconcertanti come quella dell’ONG Proactiva Open Arms, la cui nave è finita sequestrata in questi giorni a Pozzallo dopo aver rifiutato di consegnare alla Guardia costiera libica, sotto minaccia, un gruppo di migranti soccorsi in acque internazionali nella autorivendicata SAR (zona di Search and rescue) libica; dopo aver potuto far sbarcare a Malta solo due dei 218 migranti che aveva a bordo; per ottenere alla fine, a fatica e in ritardo, il permesso di attraccare nel porto siciliano.
In seguito a questi fatti l’ONG catalana si ritrova indagata dalla Procura di Catania con un’accusa abnorme e grottesca: associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina.
Sul “caso” della Proactiva Open Arms e sui suoi obblighi e doveri si sono già espressi, fra i tanti, i giuristi (leggi qui e qui). Qui sotto ci limitiamo a un piccolo aggiornamento sul trattamento in Libia da cui l’“associazione a delinquere” messa in atto dalla Proactiva ha liberato i suoi 218 migranti.
Le alternative ci sarebbero…«I governi europei dovrebbero subordinare il loro sostegno alle autorità libiche all’assicurazione che queste ultime pongano fine alla detenzione a tempo indeterminato dei rifugiati, dei richiedenti asilo e dei migranti, riconoscano l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e consentano a quest’ultimo di esercitare in pieno il suo mandato in Libia. I governi europei dovrebbero inoltre mettere a disposizione un numero sufficiente di posti per il reinsediamento dei rifugiati abbandonati a sé stessi in Libia, istituire un valido sistema di monitoraggio delle operazioni della Guardia costiera libica e, ancora più importante, assicurare che le persone intercettate in mare non siano riportate in Libia fino a quando questo paese non garantirà protezione dei loro diritti» (Amnesty International, 19 marzo 2018). |
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