Alla presentazione torinese del Report 2022 sul diritto d’asilo della Fondazione Migrantes, l’avvocato milanese Livio Neri ha portato una testimonianza e un aggiornamento sulla protezione speciale che il DL 20/2023 del governo Meloni, il cosiddetto “decreto Cutro” in via di conversione in legge, ha deciso di smantellare. La protezione speciale istituita dal DL 130/2020 ha riconosciuto come l’allontanamento di una persona dall’Italia potrebbe violare il suo diritto alla tutela della vita privata e familiare tenendo conto di indici codificati per la prima volta: ha affrontato, cioè, «l’ordinarietà della vita delle persone». Ma ora il decreto Cutro cancella proprio questa parte innovativa.
«Ascolto storie per professione. Spesso sono storie straordinarie, che hanno dell’incredibile: quelle di persone perseguitate per aver detto la tal cosa al vicino, oppure che hanno alle spalle viaggi tremendi attraverso mari e deserti. Ma si tratta soprattutto di storie ordinarie. Lo straordinario è l’eccezione, e dunque è l’ordinario che ci deve interessare di più: parlo del bisogno di certezze di vita, di un alloggio, di una casa, di lavoro. Ecco, in Italia la protezione speciale ha affrontato l’ordinarietà della vita delle persone».
Nei giorni scorsi, alla presentazione torinese del Report 2022 sul diritto d’asilo della Fondazione Migrantes, l’avvocato milanese Livio Neri, tra i fondatori di APN-Avvocati per niente e fra i collaboratori del rapporto, ha portato un aggiornamento sulla situazione della protezione speciale che il DL 20/2023 del governo Meloni, il cosiddetto “decreto Cutro” in via di conversione in legge, ha deciso di smantellare.
«Il “decreto Cutro” sicuramente “affronta” il fenomeno della migrazione – osserva Neri -. C’è il tema delle traversate via mare: però agiamo perché la probabilità di morte in mare diminuisca o aumenti? E c’è il tema della protezione speciale: agiamo perché le persone vivano meglio o peggio? Il primo è un discorso di vita e di morte, il secondo di vita e non-vita sul territorio».
Umanitaria: in principio ci fu Schengen
Da dove arriva la protezione speciale? Come è noto, è stata preceduta dalla protezione umanitaria, la quale a sua volta (meno noto) affonda le radici nella legge di ratifica, del 1993, degli accordi sulla libera circolazione di Schengen. Una sua clausola ha stabilito che, se si rifiuta a uno straniero un permesso di soggiorno, occorre valutare se esistano «seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano» che ne impediscono l’espulsione.
«Allora non ci fu un grande dibattito parlamentare, era una concessione, e la cosa nei primi anni diede pochi frutti. Ma il principio venne poi recepito dalla legge 40 del 1998, mentre ulteriori normative e sentenze hanno dato via via un contenuto alla protezione umanitaria».
Un vero e proprio approdo è costituito da una fondamentale sentenza di Cassazione del 2018: fra le varie ragioni per il riconoscimento del permesso di soggiorno per protezione umanitaria, in attuazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, c’è la tutela del rispetto alla vita privata e familiare. Vale a dire, magari la persona non è entrata in Italia nei canali legali, ma qui ha consolidato la propria presenza. «Si guarda alla persona, alla sua situazione di vita: risiede sul territorio e sradicarla violerebbe la sua vita privata e familiare. Però il 2018 è anche l’anno in cui la protezione umanitaria ha fatto paura, tanto che è stata cancellata da un giorno all’altro (con il primo “decreto sicurezza”, ndr)» dal governo “Conte I“.
Un colpo di spugna sugli “indici”
L’esecutivo è poi cambiato, e la maggioranza “giallorossa” del “Conte II” ha approvato nel 2020 (con il DL 130 e la legge di conversione 173/2020) una riforma che non ha ripristinato la vecchia umanitaria, ma è arrivata a conclusioni innovative: il permesso di protezione speciale, che riconosce come l’allontanamento della persona potrebbe violare proprio il diritto alla tutela della vita privata e familiare tenendo conto di indici codificati per la prima volta, anche se erano già emersi nella giurisprudenza: i legami familiari dell’interessato, i suoi legami familiari e sociali con il Paese d’origine, il suo effettivo inserimento in Italia e la durata del suo soggiorno nel nostro Paese.
Nell’applicazione della nuova norma «si è registrata una forte resistenza dell’apparato ministeriale, la giurisprudenza ancora una volta ha cercato di ridurre i danni. Però a marzo di quest’anno è arrivato il “decreto Cutro“, un paradosso difficile da comprendere. Doveva dare una risposta forte a un dramma, e però cancella proprio quella parte innovativa. Non cancella la protezione speciale, ma quegli indici. Difficile comprendere la ragionevolezza di questa norma. Ritengo che l’obiettivo sia quello di rendere il nostro Paese ostile all’immigrazione. Non è una novità, in Europa, da quando Theresa May (l’ex premier del Regno Unito quando era ancora ministra dell’Interno, nel 2012, ndr) ha parlato esplicitamente dell’obiettivo di “creare un ambiente ostile all’immigrazione“».
Ma non esistono solo i decreti
«Ma in questo caso a chi rendiamo la vita difficile? – si chiede ancora Livio Neri – Lo vediamo tutti: a persone che hanno un lavoro magari irregolare perché sono senza permesso di soggiorno, una famiglia, una casa con contratto d’affitto regolare o meno. “Qui si entra solo con i canali legali”, ci dicono. Ma questo oltre che non umano non è neppure lungimirante: accresce solo le disuguaglianze, l’emarginazione, i problemi sociali. Allontana le possibilità di integrazione, aumentando il divario fra persona e persona».
Però a questo punto l’avvocato milanese avverte: «Che fare, ora? L’indirizzo dovrebbe rimanere quello di non allontanarsi dalla vita concreta delle persone, mantenendo la posizione precedente, anche tenendo conto della “normativa sovraordinata“. Perché non sarà un decreto legge a poter abrogare tutta una serie di obblighi internazionali e costituzionali».
CHI È LIVIO NERI – TItolare a Milano dello studio legale “Diritti e lavoro”, che si occupa di diritto del lavoro, di diritto antidiscriminatorio, di diritto dell’immigrazione, della cittadinanza e dell’asilo, è tra i soci fondatori di APN-Avvocati per niente, associazione attiva nel capoluogo lombardo nel campo del contrasto alle discriminazioni e della tutela delle persone a rischio di esclusione. È anche socio fondatore e membro del consiglio direttivo di ResQ ONLUS, ONG attiva con una propria nave nelle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale e socio dell’ASGI, l’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione. |
Collegamenti
I report sulla presentazione torinese del rapporto asilo 2022 della Migrantes: parte 1 e parte 2 (aprile 2023, a cura dell’UPM di Torino)
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