Bosnia e Val di Susa. Terre apparentemente lontane ma accomunate dal freddo, dal ghiaccio, dalla neve e dai migranti e rifugiati che cercano di sopravvivere per arrivare altrove.
L’Alta Valle di Susa, in Piemonte, già dal 2017 ha iniziato ad essere attraversata da un flusso consistente di migranti. Si tratta per lo più uomini molto giovani, prevalentemente subsahariani che cercano un valico alternativo a quello ligure per raggiungere la Francia e l’Europa del Nord. Si stima che dal 2017 al 2020 circa 12.000 persone abbiano attraversato le Alpi passando dalla Valle di Susa e dalli valli limitrofe.
La Bosnia è uno dei tasselli del lungo viaggio attraverso i Balcani, rotta a cui ricorrono rifugiati e migranti, per lo più giovanissimi e di nazionalità afghana, irachena e siriana, per raggiungere l’Europa dell’Est e da lì l’Europa del Nord. Sfidando la neve e il gelo, in tanti provano, e riprovano, a superare il confine con la Croazia per passare poi nei boschi intorno a Trieste e continuare il viaggio.
Come ogni inverno anche questo, a causa del clima rigido e freddo, delle alte quote innevate e dell’inesperienza dei migranti, porta con sé il rischio di perdersi e il rischio di ipotermia. A fronte di questa emergenza umanitaria, qui in terra italiana come in terra bosniaca, si sono attivate forme di volontariato spontaneo che stanno cercando di fornire aiuti e supporti.
Come scrive Maurizio Pagliassotti, “la montagna, la neve, il ghiaccio sono elementi delle migrazioni che raramente entrano nell’immaginario collettivo”, ma nella civilissima Europa del 2021 questa è una realtà cocente e che è bene ricordare.
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