Un anno fa il Mar Mediterraneo inghiottiva centinaia di uomini, donne e bambini. Il 18 aprile 2015 morivano infatti circa 800 persone e non erano le sole di quell’aprile maledetto perchè qualche giorno prima altre 400 persone subivano la stessa sorte. A proposito di queste morti e delle altre migliaia passate, presenti (e future) è appena stato pubblicato uno studio: Death by (failure to) rescue. Morire per assenza di salvataggio. In questo studio viene dimostrato come la chiusura dell’operazione Mare Nostrum sia da annoverare fra le cause dell’aumento della mortalità nel Mar Mediterraneo.
Secondo i documenti esaminati dagli autori (resoconti, racconti diretti, dati statistici, ecc) i naufragi suddetti potevano essere evitati se l’operazione Triton non avesse sostituito l’operazione Mare Nostrum e se il mandato di Triton non fosse stato quello di disincentivare le partenze mettendo in essere una strategia di non salvataggio in mare aperto (il mandato di Triton è quello di non spingersi oltre le 30 miglia dalle coste dell’Europa). Quindi a monte dell’aumento delle morti in Mediterraneo vi è una precisa volontà politica: far diminuire gli arrivi, anche a scapito delle vite umane e dei diritti umani.
Purtroppo la strategia che ha mosso l’UE a chiudere un’operazione di salvataggio e a sostituirla con un’operazione di controllo e salvaguardia dei confini ha portato a risultati disastrosi. Non solo non sono diminuiti gli arrivi ma sono solamente aumentate le morti. Due cifre per tutte: 1600 morti nei primi quattro mesi del 2015 contro i 17 morti dello stesso periodo nel 2014.
Lo studio è stato realizzato da un gruppo di ricercatori del Forensic Oceanography – University of London – in collaborazione con WatchTheMed all’interno del progetto, supportato dall’Economic and social research Council ESRC, “Precarious Trajectories”. La prefazione è a cura di Barbara Spinelli, membro del Parlamento Europeo per la Sinistra Unitaria Europea.
Ancora nessun commento, aggiungi il tuo qui sotto!