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Diritto d’asilo: se fra dati e proclami perdiamo pezzi di sostanza

La Questura di Roma che chiude ai richiedenti asilo per “arretrato”. E l’ipotesi di eliminazione dell’appello nei ricorsi sulle domande di protezione internazionale. Al di là di (occasionali) dati lusinghieri e di proclami, sono fatti e progetti che espongono l’Italia a gravi violazioni dei suoi obblighi di legge e della normativa internazionale in materia di diritto d’asilo.

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E’ senz’altro vero, come ha riferito al Comitato parlamentare Schengen il prefetto Angelo Trovato, presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo, che in Italia «dal primo gennaio a oggi il tempo medio di analisi di una richiesta d’asilo è stato di 106 giorni, il tempo medio in assoluto il migliore in Europa», contro i 250 giorni nel 2014 e 2015.

E saremo pure «campioni di umanità», come ha detto in questi giorni il ministro dell’Interno Alfano al summit di New York su rifugiati e migranti.

Ma intanto un organo dello Stato, una Questura chiave per il diritto alla protezione nel nostro Paese, quella di Roma, da qualche giorno a chi si presenta negli uffici di via Patini le domande d’asilo non le lascia nemmeno presentare. Chiuso per arretrato, si riapre (pare) il 21 ottobre.

«La comunicazione viene data a voce, da agenti in divisa all’ingresso, alle persone che aspettano in fila dalle prime ore del mattino – ha denunciato una rete di associazioni attive nella capitale (leggi qui, ma anche qui per l’ultima presa di posizione di ieri -. La decisione, a quanto riferiscono gli agenti, è dovuta alla necessità di smaltire il pregresso già programmato».

«È evidente che una scelta simile, solo l’ultima di altre pratiche della Questura che scoraggiano l’accesso alla procedura, non solo viola le norme nazionali e internazionali in materia di diritto d’asilo ma comporta anche pesanti conseguenze per i tanti richiedenti che ogni giorno chiedono di accedere alle misure di protezione, ai quali non viene data alcuna alternativa: solo l’irregolarità e la strada».

“Riforma” del diritto al ricorso? L’analisi dell’ASGI

Intanto in queste settimane l’ASGI ha pubblicato un’analisi di critica e di proposta sull’ipotesi di riforma del processo civile per la trattazione dei ricorsi in materia di protezione internazionale e dei giudizi in materia di immigrazione presentata quest’estate dal ministro della Giustizia Andrea Orlando.

Per l’Associazione di studi giuridici la proposta di eliminare la possibilità di ricorrere in appello nei confronti delle decisioni del Tribunale sui procedimenti per il riconoscimento dell’asilo è «incostituzionale».

Un altro aspetto critico della ventilata riforma riguarda l’eliminazione dell’udienza e della comparizione personale del richiedente/ricorrente nei giudizi. Questo, denuncia l’ASGI, «assegnerebbe al giudizio relativo alla protezione internazionale una mera funzione di controllo cartolare dell’esame svolto dalla Commissione territoriale».

Spiega a questo proposito l’associazione: «La video-registrazione dell’audizione in sede amministrativa del richiedente asilo costituirebbe una misura inidonea a garantire le regole del giusto processo e che utilizzerebbe una prova formata dalla Amministrazione, senza che al ricorrente/richiedente asilo sia consentito di eccepire violazioni anche rispetto alle tecniche con le quali si è svolta la l’audizione».

«Il numero, pur in aumento, delle cause relative alla protezione internazionale non può giustificare la radicale riforma voluta dal ministro della Giustizia – affermano così gli esperti ASGI -. Non può essere sacrificato il diritto di difesa relativo ad un diritto fondamentale». Piuttosto, «occorre insistere su altri tipi di riforma».

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