Un contributo pubblicato nel 21° “Dossier statistico immigrazione” della Caritas romana evidenzia, per la prima volta a livello nazionale, i rischi del triplo sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati determinatosi sull’onda dell'”emergenza” 2011: da un lato disfunzioni e disservizi, dall’altro standard bassi (e iniqui) in una delle tre “branche”.
Per il triennio 2011-2013 la rete di enti locali dello Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) è composto da una rete di 151 progetti territoriali di accoglienza che fanno capo a 128 enti locali per un complessivo di 3.000 posti di accoglienza. Nel primo quadrimestre 2011 la rete ha già accolto 3.624 persone, provenienti soprattutto da Somalia, Afghanistan, Eritrea e Nigeria, per il 44% richiedenti asilo e per la parte restante rifugiati o beneficiari di protezione sussidiaria o umanitaria.
Questi primi dati per l’anno in corso sono contenuti in un compendio statistico del settore Accoglienza e monitoraggio del Servizio centrale Sprar. Due membri di questo settore, Sarah Farotti e Arianna Galli, li hanno inquadrati nel contesto dell’ “emergenza” Nordafrica in un contributo per il 21° Dossier statistico immigrazione 2011 pubblicato nei giorni scorsi dalla Caritas romana.
“Il biennio precedente – ricostruiscono Farotti e Galli – era stato caratterizzato da un numero limitato di arrivi via mare, e tutte le risorse erano state convogliate nel ricondurre ad azioni ordinarie gli straschichi dell’emergenza 2008. I primi mesi del 2011, invece, sono interessati da un contesto emergenziale derivato dai rivolgimenti politici e dalle repressioni che travolgono l’area nordafricana”. Lo Sprar mette a disposizione 1.500 posti aggiuntivi.
A febbraio il governo dichiara l’emergenza nazionale, con i primi trasferimenti dei profughi sbarcati a Lampedusa ai Cara e a strutture collettive. Ad aprile, il Piano per l’accoglienza dei migranti è affidato alla Protezione civile. Su questa scelta pesano chiaramente “due fattori fondamentali: da un lato il carattere emergenziale riconosciuto agli arrivi via mare, dall’altro l’immediata disponibilità di risorse economiche da parte della Protezione civile”. Ma questa opzione ha determinato un triplo sistema di accoglienza: oltre ai Cara e alle altre strutture governative straordinarie ad essi equiparate, oltre alla rete Sprar, vi è ora la rete della Protezione civile che funziona su base regionale.
“E’ alto il rischio che questi tre sistemi viaggino parallelamente, senza comunicare tra loro – commentano Farotti e Galli, il che potrebbe creare notevoli disservizi e disfunzioni, specie nel caso di trasferimenti non coordinati da una struttura all’altra, di nuclei familiari separati all’arrivo in Italia, di situazioni vulnerabili emergenti a facitca in contesti caratterizzati da strutture con un’ampia ricettività, di interventi realizzati in base a standard di accoglienza eterogenei e disarmonici”.
Il Commissario delegato della Protezione civile si è reso disponibile a confrontarsi e a collaborare con lo Sprar per quanto riguarda gli standard di accoglienza e i posti aggiuntivi messi a disposizione dagli enti locali appartenenti allo Sprar. Tuttavia “permangono, a oggi, una serie di criticità”. Farotti e Galli segnalano in particolare:
- Le realtà convenzionate con la rete straordinaria della Protezione civile che stanno realizzando interventi di accoglienza non sono obbligate ad adottare gli standard qualitativi dello Sprar, potendo così erogare servizi sulla base del capitolato d’appalto della gestione dei Cara, o servizi ancora più a “bassa soglia”.
- “Se l’emergenza 2008 (gestita attraverso l’allargamento della rete ordinaria Sprar e l’ampliamento recettivo dei Cara con l’attivazione di centri governativi ad hoc) ha avuto conseguenze sull’intero biennio 2009-2010, come dimostrano le 2.500 persone titolari di uno status ancora in attesa di una sistemazione a dicembre dello scorso anno, la creazione di un’ulteriore rete di accoglienza con standard qualitativi basici e di bassa soglia potrebbe avere conseguenze ancora più critiche, amplificando il divario tra il riconoscimento di uno status giuridico con i diritti ad esso connessi e l’impossibilità di raggiungere la piena autonomia sul territorio nazionale”.
Le due curatrici del contributo per il 21° Dossier statistico immigrazione ritengono necessario, su queste basi, un coordinamento “unitario e condiviso” tra i diversi sistemi di accoglienza attivi nelle varie regioni per migliorare gli standard dell'”accoglienza integrata”: solo così si potranno offrire percorsi di autentica integrazione ai migranti forzati dell'”emergenza” 2011.
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