In un libro presentato ieri a Torino, la profetica lettera pastorale “L’emigrazione” scritta dal vescovo di Cremona Geremia Bonomelli nel 1896. «Una lettera che ci mostra come ancora oggi si può affrontare con coraggio i problemi, leggere le situazioni, denunciare, proporre, agire».
«Bonomelli ci insegna un metodo. La sua lettera pastorale è del 1896, ma viene da lontano. Vescovo dal ’71, nelle visite pastorali alle sue parrocchie fra ’72 e ’79 si era reso conto delle tante partenze, in particolare verso il Brasile, e delle condizioni di questa emigrazione. E nel suo scritto ci ha mostrato come ancora oggi si può affrontare con coraggio i problemi, leggere le situazioni, denunciare, proporre, agire. Perché fondò anche quella che si sarebbe chiamata Opera Bonomelli per gli emigrati italiani all’estero. Abbiamo scoperto che, nelle trattative che precedettero il Concordato del ’29, Mussolini chiederà di chiuderla, e così accadrà».
Mons. Gian Carlo Perego, oggi arcivescovo di Ferrara e già direttore della Fondazione Migrantes, ha ricordato così, ieri a Torino, la figura del vescovo di Cremona Geremia Bonomelli, autore alla fine dell’800 della profetica lettera pastorale L’emigrazione, oggi riedita in un piccolo volume dal titolo Gittati. L’emigrazione (italiana) di ieri, l’immigrazione (in Italia) di oggi a cura di Guido Tallone e Claudio Curcetti in collaborazione con la Pastorale Migranti torinese (Edizioni Piccolo Carro 2020, pp. 128, euro 12,00).
Quando emigravamo in Turchia
I «gittati», gettati, erano per il vescovo di Cremona i migranti italiani. Usò la parola per descrivere la situazione di 8.000 operai italiani venuti in in Turchia (sì, Turchia, allora una meta della nostra emigrazione…) per costruire una ferrovia, ma poi rimasti senza lavoro dopo un tracollo del regime ottomano: «Gittati sul lastrico, senza pane, senza tetto, senza danaro per ripigliare la via d’Italia».
Scrivono Tallone e Curcetti nella presentazione al testo: «Ieri gittati sulle strade del mondo eravamo anche noi, in quanto italiani ed emigrati. Oggi i gittati in Italia sono altri. Alcuni sono nascosti nelle nostre case come infaticabili badanti; altri sono mimetizzati in quei campi in cui gli italiani non vogliono più andare; altri sono invisibili perché dentro le fabbriche, le fonderie o in quelle attività produttive che sono reputate pericolose e che necessitano di manovalanza disposta a rischiare la vita. Le due facce della stessa medaglia: processi avvenuti in epoche diverse, ma con le medesime sofferenze e le stesse sempre attuali ingiustizie».
Il volumetto Gittati è stato presentato nella sede della Pastorale Migranti di Torino nell’ambito del programma per la prossima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato e contiene, oltre alla lettera pastorale di mons. Bonomelli, un contributo di don Davide Schiavon, direttore della Caritas di Treviso, un’intervista a Sergio Durando direttore della stessa Pastorale Migranti e un’ampia scheda sull’emigrazione italiana tra fine ‘800 e inizio ‘900.
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