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Global compact/3: punti d’azione… e (primi) appunti di bilancio

Anche a un primo confronto con i “20 punti di azione per i Patti globali” del dicastero vaticano per il Servizio dello sviluppo umano integrale, le due “bozze zero” dell’ONU per i Global compact sui rifugiati e sulla migrazione sembrano aprire, almeno nelle intenzioni, a prospettive di buon respiro. Soprattutto, viene da dire, se si guarda ai discutibili orizzonti su cui si sta muovendo larga parte delle politiche sull’asilo dell’UE. Per non scomodare, oltre Atlantico, la presidenza Trump, che nello scorso autunno ha ritirato gli USA proprio dai colloqui per il Compact sulla migrazione.

Foto UNHCR 2017.

 

Come contributo al processo per i global compact, già nel 2017 il Vaticano ha presentato all’ONU (dove è “Osservatore permanente”) 20 punti di azione per i Patti globali elaborati dal dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale dopo una consultazione con varie Chiese locali e ONG.

Venti punti, quattro verbi

I 20 punti vaticani (affidati per un lavoro di sensibilizzazione, in una versione “pastorale”, anche alle Conferenze episcopali, alle parrocchie e agli organismi ecclesiali) sono fondati su “buone pratiche”. Sottolineano che nei nostri anni «la migrazione è sempre più costituita da flussi misti: in molti casi risulta difficile operare una netta distinzione tra migranti e rifugiati». E secondo l’insegnamento di papa Francesco, sono raggruppati e dettagliati in numerose sotto-proposte sotto i quattro verbi accogliere, proteggere, promuovere e integrare.

Nel documento troviamo in sintesi e in concreto: «Incoraggiare gli Stati a bandire ogni forma di espulsione arbitraria e collettiva. Il principio di “non refoulement deve essere sempre rispettato»; un invito ai Paesi (sottinteso europei) ad evitare di stilare liste di Stati di provenienza “sicuri” a priori nelle procedure per la concessione dell’asilo; la proposta di ampliare i canali migratori legali: visti temporanei, corridoi umanitari, sponsorship da parte di cittadini, comunità e associazioni, ricongiungimenti familiari più estesi, visti per studenti, impegni (seri) di resettlement e relocation; le «alternative alla detenzione» per chi, in fuga o in cerca di una vita migliore, cerca di entrare nel territorio di altri Paesi (sempre sottinteso, in particolare i Paesi del Nord del mondo: vale anche per la “lotteria dell’accoglienza” italiana, dove in questi anni anche potenziali rifugiati appena sbarcati si sono ritrovati rinchiusi nei CIE, oggi CPR); la preferibilità di un’accoglienza diffusa e per piccoli numeri.

Ancora, informazione per chi emigra, ma anche protezione dai rischi di sfruttamento e tratta; libertà/opportunità di circolazione e di lavoro sia per chi decide di emigrare sia di tornare in patria; tutela specifica per i minori, anche al passaggio alla maggiore età; accesso alla sanità di base, indipendentemente dallo status migratorio; la trasferibilità in altri Paesi dei contributi pensionistici versati dai lavoratori immigrati; favorire l’accesso (anche) all’istruzione universitaria, all’apprendistato e ai tirocini lavorativi; facilitare il riconoscimento di titoli formativi e professionali.

I 20 punti vaticani, inoltre, hanno chiesto maggiore attenzione al benessere e all’integrità delle famiglie; di garantire ai migranti e rifugiati con “vulnerabilità” le stesse opportunità offerte nei nostri Paesi ai cittadini disabili; maggiori aiuti allo sviluppo e per le emergenze a favore dei Paesi che accolgono grandi numeri di rifugiati, perché possano beneficiarne anche le comunità locali più disagiate; di garantire la cittadinanza a tutti coloro che nascono sul territorio nazionale (è ovviamente lo ius soli, in primis per l’Italia che ha mancato, per calcolo elettorale e per viltà, l’occasione della scorsa legislatura) e un rapido accesso alla stessa cittadinanza per i per i rifugiati che la desiderano; di incoraggiare/promuovere nelle comunità locali la solidarietà con migranti e rifugiati; ma anche misure che favoriscano, quando possibile, il rimpatrio volontario, sia da parte dei Paesi d’accoglienza che d’origine.

Per finire, il documento ha chiesto un’attenzione speciale alla condizione dell’apolidia e richiamato alla promozione del diritto alla libertà religiosa.

Per un bilancio provvisorio

Bangladesh: un volontario e un anziano rifugiato del Mianmar adoperano una app che aiuta a snellire le procedure d’assistenza (foto UNHCR/R. Arnold 2017).

Com’era prevedibile, rispetto ai 20 punti vaticani i due compact ONU (vedi nelle due news precedenti qui e qui) hanno un inquadramento più tecnico e orizzonti ideali più circoscritti. Convergono su vari aspetti (basta confrontarli con il Programme of action del Compact rifugiati e i 22 obiettivi del Compact migrazione), ma non vi si trova lo ius soli, né il richiamo al rispetto del principio di non refoulement che il documento vaticano ha messo al primo, primissimo posto (oggi purtroppo necessario persino nell’Europa “patria dei diritti”), né l’ammonimento sulla miopia molto europea delle liste di “Paesi sicuri“.

Ancora, la “bozza zero” del Compact rifugiati ignora (se non in una nota e per di più solo a proposito di minori, a differenza di quello sulla migrazione) l’argomento scomodo della detenzione.

Più in generale, è chiaro che nei Compact non potrà risuonare la vicinanza solidale ai migranti più o meno obbligati che anima i 20 punti (anche se nell’Introduzione della Dichiarazione di New York gli Stati membri dell’ONU dichiarano «solidarietà e appoggio ai milioni di persone che nel mondo, per ragioni al di fuori del loro controllo, subiscono con le loro famiglie lo sradicamento dalle loro case»).

E tuttavia le due “bozze zero” di ONU e UNHCR sembrano voler aprire comunque, almeno nelle intenzioni e sulla carta, a prospettive di buon respiro. Soprattutto, viene da dire, se si guarda ai discutibili orizzonti su cui si sta muovendo larga parte delle politiche sull’asilo dell’UE (vedi ad esempio qui per un’analisi complessiva) e dei suoi Paesi membri. Per non scomodare, oltre Atlantico, la presidenza Trump, che nello scorso autunno ha ritirato gli USA proprio dai colloqui per il Compact sulla migrazione: «Un processo che mette a rischio il diritto sovrano degli Stati Uniti a far rispettare le nostre leggi sull’immigrazione e a proteggere i nostri confini», come ha dichiarato l’allora segretario di Stato Rex Tillerson all’inizio del dicembre 2017.

Mentre tutte le maggiori potenze globali non “riescono” a fermare, a monte di tutto questo, fabbriche di morte e di rifugiati come la guerra internazionale per procura in Siria.

(segue)

Allegati

Rispondere alle sfide dei migranti e rifugiati: venti punti di azione per i Patti globali (Vaticano, 2017, file .pdf)

Rispondere ai rifugiati e ai migranti: venti punti di azione pastorale (Vaticano, 2018, file .pdf)

A breve in questo dossier di Vie di fuga

Global compacts: i giudizi, le questioni aperte, cosa dovrebbe (potrebbe) cambiare con la loro adozione

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