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Il 2020 in mare e sulle frontiere. Rimane costante il rischio di perdere la vita nel Mediterraneo. Raddoppiano gli arrivi dai Balcani occidentali, ma subito al di là dei confini dell’UE è sofferenza e abbandono

Come nel 2019, ha continuato a perdere la vita o a rimanere disperso in mare un migrante ogni 100 che hanno tentato la traversata nel Mediterraneo. Sulla rotta dei Balcani occidentali sono raddoppiati gli attraversamenti “illegali” scoperti alle frontiere dell’Unione Europea; ma subito al di là di questi confini le cronache di questi giorni raccontano di sofferenze arrivate ormai a livelli intollerabili.

Ancora una volta uno su 100: nel 2020 è rimasto costante, rispetto al 2019, il bilancio in morti e dispersi nelle acque del Mediterraneo in rapporto alle traversate tentate da rifugiati e migranti.

Nell’anno che si è concluso, la stima (per difetto) del Missing Migrants Project dell’OIM si ferma a un tributo di 1.156 vite: 783 nel solo Mediterraneo centrale (la “rotta” verso Italia e Malta, che assomma il 70% di tutte le vittime nel Mare nostrum), 267 in quello occidentale e 106 in quello orientale.

In quest’ultimo settore, che nel 2020 ha registrato numerosi respingimenti sommari e illegali dalle acque greche a quelle turche,  i dati provvisori dell’OIM vedono il bilancio di morti e dispersi in drastico peggioramento rispetto al ’19: 106 contro 71. Rispetto al ’19, la rischiosità di queste acque è addirittura quadruplicata: quattro morti/dispersi ogni 1.000 traversate tentate contro uno su 1.000 l’anno scorso. (Come è noto, i dati sulle perdite di vite umane vengono messi in rapporto dall’OIM con tutte le traversate tentate, comprendendo anche quelle che si concludono con l’intercettamento da parte delle forze di pattugliamento turche, appunto nel Mediterraneo orientale, e libico-tunisine nel Mediterraneo centrale).

Cliccare per ingrandire: gli arrivi di rifugiati e migranti in territorio spagnolo nel 2020 (fonte UNHCR).

Sempre secondo le cifre provvisorie dell’OIM, il 2020 ha visto l’arrivo in Europa dal Mediterraneo di poco più di 84.000 rifugiati e migranti. Questo dato comprende gli arrivi via mare in Grecia, Cipro, Italia, Malta e Spagna, ma per quest’ultimo Paese anche oltre 22 mila arrivi nelle Canarie: queste isole nell’anno hanno conosciuto una drammatica escalation, con centinaia di vittime stimate nell’Atlantico. 

Rispetto al 2019, la tendenza complessiva degli arrivi “mediterranei” è in netta diminuzione: – 25% rispetto ai 112 mila del 2019.

Certo, la “rotta” del Mediterraneo centrale ha visto più di 36 mila arrivi (contro i 15 mila scarsi del 2019), ma quella orientale poco più di 9.200 (contro i quasi 71 mila del ’19). I dati italiani di stamattina hanno contato in tutto, nell’anno, 34.134 arrivi, contro gli 11.471 dell’anno scorso.

Fra dati OIM e UNHCR, occorre aggiungere agli arrivi del 2020 in Europa meridionale circa 1.700 persone che hanno attraversato via terra il confine delle enclave spagnole di Ceuta e Melilla e, sempre via terra, le 5.800 che hanno attraversato quello greco.

Al confine con i Balcani i controlli, al di là il disastro

Un migrante in quello che resta del campo di Lipa (Bosnia), dopo l’incendio del 23 dicembre (foto OIM/E. Causevic).

Se si guarda invece a tutte le frontiere esterne dell’Unione Europea, il 2020 si chiude con le cifre provvisorie aggiornate a tutto novembre: circa 117 mila gli attraversamenti “illegali” registrati da Frontex dall’inizio dell’anno, in calo dell’11% rispetto allo stesso periodo del ’19. 

Sempre fra gennaio e novembre, sulla “rotta” dei Balcani occidentali si sono registrati 23.300 attraversamenti, più del doppio rispetto al 2019. Ma è un numero che letteralmente scompare di fronte all’abbandono e alle sofferenze che, in questi giorni, migliaia di migranti stanno vivendo appena al di là dei confini dell’UE, dopo l’incendio del campo di Lipa, nel cantone bosniaco di Bihać. 

 

 

 

 

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