Una ricerca europea coordinata dall’Ecre ha esplorato l’applicazione di due concetti chiave nell’esame delle domande d’asilo: quello dei “soggetti che offrono protezione” e quello di “alternativa della protezione interna”. Con risultati un po’ sorprendenti per l’Italia…
Accidenti, e le informazioni sui Paesi d’origine dove le troviamo? Ma su Viaggiaresicuri, che domanda!
No, non è una barzelletta dal bizzarro mondo del diritto d’asilo in Italia. Perché in particolare i nostri organi giudiziari che esaminano in sede “giurisdizionale” le domande d’asilo hanno l’abitudine di citare con precisione, nei loro atti, le fonti che adoperano, «anche se spesso si tratta di fonti dalla dubbia pertinenza con l’ambito della protezione internazionale»: come appunto il sito www.viaggiaresicuri.it della Farnesina, dedicato ai turisti e ai lavoratori del Belpaese all’estero…
Lo ha scoperto una ricerca europea coordinata dall’Ecre (European Council on Refugees and Exiles) e che si è svolta in 11 Paesi fra cui l’Italia. Il referente per il nostro Paese è l’associazione Asilo in Europa.
L’acronimo del progetto d’indagine, Apaipa, sta per Actors of Protection and Internal Protection Alternative. Al centro dell’attenzione c’è l’applicazione di due concetti chiave nell’esame delle domande d’asilo: quello dei “soggetti che offrono protezione” e quello di “alternativa della protezione interna”.
Due concetti per “addetti ai lavori” I “soggetti che offrono protezione” – Nell’esame delle domande di protezione internazionale gli Stati devono verificare la possibilità che il richiedente asilo trovi protezione dalla persecuzione o dal danno grave nel suo Paese di origine. Tale protezione, ai sensi dell’art. 7 par. 1 della Direttiva Qualifiche, può essere offerta solo dallo Stato o da partiti o organizzazioni, comprese le organizzazioni internazionali, che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, a condizione che abbiano la volontà e la capacità di offrire protezione. L’“alternativa della protezione interna” – Questo concetto, come ribadito in più occasioni dalla Corte di Cassazione (a partire dall’ordinanza 2294/2012 del 25.01.2012), non dovrebbe essere utilizzato in Italia, in quanto il nostro Paese non ha recepito la corrispondente disposizione della Direttiva Qualifiche (art. 8). Di cosa si tratta? Gli Stati hanno la facoltà, nel contesto dell’esame delle domande di protezione internazionale, di verificare se il richiedente può avere accesso in maniera sicura a un’altra area del suo Paese rispetto a quella di provenienza, nella quale non vi siano rischi di persecuzione o danno grave, e se ci si può ragionevolmente aspettare che egli vi si stabilisca. In tal caso, la domanda di protezione internazionale può essere respinta, in quanto si può procedere al rimpatrio del richiedente in questa diversa area. Fonte: Asilo in Europa 2014 |
Italia, i risultati/ 1: i “soggetti”
Grazie a una rete di collaboratori Asilo in Europa ha raccolto e analizzato circa 700 decisioni sulle domande d’asilo adottate in Italia, fra il 2009 e il 2013, sia da Commissioni Territoriali che da Tribunali, Corti d’appello e Cassazione, individuando poi le 100 decisioni più interessanti ai fini della ricerca.
Quanto alla concreta applicazione nel nostro Paese del concetto dei “soggetti che offrono protezione”, sintetizza Asilo in Europa, «benché la legge preveda che i soggetti chiamati a offrire protezione debbano aver adottato “adeguate misure” al fine di prevenire le persecuzioni o i danni gravi, raramente le decisioni esaminate contengono un approfondimento di questa espressione».
Italia, i risultati/ 2: l'”alternativa”
Quanto invece all'”alternativa della protezione interna”, si tratta di una facoltà che l’Italia ha scelto di non esercitare. «E tuttavia nelle decisioni esaminate non mancano i riferimenti all’alternativa della protezione interna come unica o, più spesso, una delle motivazioni alla base del rigetto della domanda». Si tratta comunque di casi non frequenti e in via di sparizione dopo l’ordinanza 2294/2012 della Cassazione.
Infine, l’analisi dei due concetti ha fatto emergere che se almeno corti e tribunali, in buona parte, citano precisamente le fonti che hanno consultato sui Paesi d’origine (Viaggiaresicuri o più specializzate che siano…), è invece purtroppo raro che lo facciano le Commissioni territoriali.
Sia il rapporto Apaipa comparativo che prende in esame tutti gli 11 Paesi della ricerca (oltre all’Italia l’Austria, la Polonia, il Belgio, la Spagna, la Francia, la Svezia, la Germania, i Paesi Bassi, l’Ungheria e il Regno Unito), sia il rapporto nazionale italiano si concludono con alcune raccomandazioni.
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