di Gabriella Gaetani
La Campagna LasciateCIEntrare, nel corso del 2015, ha analizzato il sistema di accoglienza italiano. Un anno di visite nei centri per richiedenti asilo e rifugiati: CIE, CARA, SPRAR, hotspots, centri informali, centri per MSNA e CAS. Ne è uscito un quadro desolante raccontato in due rapporti.
La situazione che emerge dai rapporti “Accogliere: la vera emergenza rapporto di monitoraggio della campagna lasciatecientrare su accoglienza, detenzione amministrativa e rimpatri forzati” e “InCAStrati: iniziative civiche sulla gestione dei centri di accoglienza straordinaria per richiedenti asilo” è quella di un sistema di accoglienza emergenziale inadeguato, fonte di business che non produce nè vera accoglienza, nè inclusione sociale degli ospiti, lasciati “parcheggiati” nei diversi centri delle periferie italiane.
È risultato particolarmente laborioso capire e raccontare cosa accade in questi luoghi, a causa della discrezionalità assoluta che governa i diversi centri. “Sotto la parola accoglienza si scopre in Italia un mondo che ha poco a che fare con i diritti umani, mentre ha molto a che fare con l’illecito, con il business dell’immigrazione, con truffe, frodi e peculato” – scrive Gabriella Guido, spiegando la decisione di scrivere i due rapporti.
Nonostante gli arrivi siano prevedibili, visti gli sviluppi nelle zone di guerra, si continua a gridare all'”emergenza” e gli ampliamenti dettati dalle logiche emergenziali sono inadatti a fornire risposta alle necessità. L’accoglienza sembra produrre, da una parte, schiavitù e sfruttamento dei migranti, dall’altra guadagno facile per chi si accapparra i bandi o per chi riceve affidi diretti, giustificati con l’emergenza.
La periferizzazione dell’accoglienza: i CAS
Un dato rilevante è dato dalla geografia dell’accoglienza. L’80% dei CAS si trova nelle zone periferiche o comunque di difficile accesso. La “periferizzazione” dei centri, infatti, facilita gli abusi. I migranti risultano spesso “trattati come bestie”; i tempi dei servizi sono discrezionali, i migranti vengono lasciati in situazioni di totale assenza di attività, molto spesso manca l’iscrizione al S.S.N., i soggetti vulnerabili sono lasciati a se stessi, insomma, “il mostro dell’accoglienza continua a macinare soldi ed a mietere vittime” – scrive Yasmine Accardo. Di tutto ciò è complice anche la quasi totale assenza di controlli.
Su un totale di 98.632 migranti accolti nelle diverse strutture di accoglienza presenti nel territorio, 70.918 sono i richiedenti asilo distribuiti nei CAS. Il 72% delle presenze totali. Attualmente, secondo i dati del Ministero dell’Interno, i CAS sono 3.090. I costi di questo tipo di accoglienza, per il 2015, ammontano a 918,5 milioni. Queste spese dovrebbero essere quasi totalmente destinate a coprire costi di personale, affitti e consumi però non vi è trasparenza su affidamenti, finanziamenti, rispetto degli standard nell’erogazione dei servizi e non esiste un elenco pubblico dei Centri con la loro ubicazione e i riferimenti dei gestori.
Le organizzazioni che hanno partecipato alla stesura dei rapporti, hanno chiesto alle Prefetture di ricevere una mappatura – mai ottenuta – e l’accesso agli atti dei diversi centri. Le istanze di accesso civico sono state presentate da LasciateCIEntrare, Libera e Cittadinanzattiva e rivolte al Ministero dell’Interno e alle 106 Prefetture italiane. La risposta del Ministero dell’Interno ha rimandato alle singole Prefetture o al sito istituzionale oppure ha dichiarato che per alcune informazioni, come per quelle sull’ubicazione delle strutture, convenzioni tra Prefettura ed enti gestori, rendicontazioni economiche, esiti di attività di monitoraggio e vigilanza, non vi è obbligo di pubblicazione. Le Prefetture, in generale, hanno in buona parte rigettato le istanze e cinquantadue Uffici hanno ritenuto di non rispondere. (È presente all’interno dei Rapporti la lista di tutte le Prefetture con le risposte dettagliate e pubblicate).
La negazione dell’accoglienza: gli Hotspots
Nei due rapporti si parla anche degli Hotspots, che al momento sono sei in totale, uno in Puglia e cinque in Sicilia. In generale, sembra che queste strutture non stiano servendo a favorire il trasferimento dei potenziali richiedenti asilo verso altri paesi europei – ad eccezione di Trapani Milo, in Sicilia – e continuino, invece, le prassi di identificazioni forzate e/o sommarie effettuate con il ricorso alle autorità consolari dei paesi di origine. Pare chiaro, per LasciateCIEntrare, che la relocation dei migranti dagli hotspots siciliani è fallita.
Conclusioni amare
Secondo i rapporti il sistema di “parcheggio dei migranti” va quindi ripensato in maniera strutturale. Vanno definiti i percorsi, gli standard minimi da garantire ai richiedenti asilo, la definizione degli spazi di accoglienza e i rapporti fra istituzioni ed enti gestori.
In futuro, sembra sia probabile la riapertura di alcuni CIE (ad oggi i CIE operativi sono 7, rispetto agli iniziali 13 Centri); ma il sistema di detenzione amministrativa, per i promotori della campagna di denuncia, è destinato a fallire. È necessaria l’adozione di uno status legale per coloro che sono costretti a fuggire dai territori in guerra; è sempre più attuale l’apertura effettiva di canali umanitari ed è estremamente necessaria la ristrutturazione dei sistemi di accoglienza. Occorre, inoltre, sollecitare la modifica del Regolamento di Dublino, con il riconoscimento di un diritto di asilo europeo valido in tutti i paesi UE.
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