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Parigi 2024: con l’Olympic Refugee Team arriva la squadra della resilienza e del coraggio

Sono 36, sette in più rispetto a Tokyo 2020, gli atleti della rappresentanza dei rifugiati ai Giochi di Parigi 2024. Sono fuggiti da 11 Paesi diversi, sono ospitati dai Comitati olimpici di 15 Paesi fra cui l’Italia e gareggeranno in 12 sport. La ciclista afghana Masomah Ali Zada, capo missione: “Lo sport può darti molto quando arrivi in un nuovo Paese come rifugiata. Ti permette di integrarti in una nuova comunità. Ti dà speranza e ti dà gli strumenti per affrontare alcune sfide che la condizione di rifugiato comporta: uno spazio in cui puoi dimenticare e metterrti in gioco”.

 

I volti della Squadra olimpica dei rifugiati a Parigi 2024.

 

Per la terza volta parteciperà alle ormai prossime Olimpiadi, che si terranno a Parigi dal 24 luglio all’11 agosto, una rappresentanza di rifugiati. La Squadra olimpica del CIO quest’anno sarà composta da 36 atleti, contro i 29 di Tokyo 2020 e i 10 di Rio 2016. 

Gli atleti del team sono fuggiti da 11 Paesi diversi, sono ospitati dai Comitati olimpici di 15 Paesi fra cui l’Italia oltre ad Austria, Canada, Francia, Germania, Regno Unito, Israele, Giordania, Kenya, Messico, Olanda, Spagna, Svezia, Svizzera e USA e gareggeranno in 12 sport.

La rappresentanza ha come capo missione, invece, la ciclista Masomah Ali Zada, che ha gareggiato a Tokyo 2020 nella prova a cronometro. Fuggita dall’Afghanistan, aveva fatto parte della squadra di ciclismo femminile nazionale.

«Il Refugee Olympic Team deve ricordarci la resilienza, il coraggio e le speranze di tutte le persone che sono state sradicate dalla guerra e dalle persecuzioni – ha affermato l’Alto commissario dell’ONU per i rifugiati FIlippo Grandi -. Questi atleti rappresentano ciò di cui gli esseri umani sono capaci, anche di fronte alle peggiori avversità».  

Per la prima volta, a Parigi la Squadra olimpica dei rifugiati gareggerà con un proprio emblema, che ha al centro un cuore stilizzato.

La capo missione Ali Zada: “Lo sport? Un aiuto per le sfide nel nuovo Paese”

Masomah Ali Zada, capo missione del Refugee Olympic Team a Parigi 2024 (nella foto), in queste settimane ha visitato un centro sportivo nel 19° arrondissement della capitale francese, non lontano dal Villaggio Olimpico, e ha rilasciato la testimonianza che qui riportiamo.

Giocare a pallamano con le donne che frequentano il centro mi ha ricordato ancora una volta l’impatto che lo sport può avere quando arrivi in un nuovo Paese come rifugiata. Ti permette di integrarti in una nuova comunità. Ti dà speranza. Soprattutto, ti dà gli strumenti per affrontare alcune sfide che la condizione di rifugiato comporta: è uno spazio in cui puoi dimenticare e metterrti in gioco. Ho incontrato una donna dello Sri Lanka di nome Cindy, che mi ha davvero colpita. Ha 66 anni, viene a giocare a pallamano con queste donne ogni settimana. Per lei questa è stata una inimmaginabile opportunità per integrarsi, parlare francese, socializzare. Ho potuto toccare con mano, e leggere nei suoi occhi, quanto tutto ciò significhi per lei: rimaneva là anche dopo il suo turno di gioco e guardava gli altri. A 66 anni d’età, questo è ciò che le ha permesso di comunicare con la nuova società in cui è entrata. Ecco, per me questo è ciò che lo sport può fare per la comunità dei rifugiati.

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