Presentato la scorsa settimana a Roma, presso il Viminale, il Piano di Integrazione per i titolari di protezione internazionale. Tra i punti principali: l’accesso alle cure, percorsi di istruzione e formazione e programmi alloggiativi.
Il Piano di integrazione è stato presentato da Minniti, e deriva da un lungo lavoro di stesura e revisione (atteso per anni). Infatti a partire dal decreto legislativo 18/2014 era stata fissata la necessità che il Tavolo di Coordinamento Nazionale predisponesse ogni due anni un Piano nazionale degli interventi volti a favorire l’integrazione dei beneficiari di protezione internazionale.
Immediatamente salta agli occhi che dal Piano sono stati esclusi i titolari di protezione umanitaria che condividono le strutture di accoglienza, i progetti, siano essi CAS oppure SPRAR, e soprattutto la titolarità a rimanere sul territorio nazionale italiano. Tale differenziazione è spiegata nell’introduzione del Piano ed è riconducibile alla condizione imperativa di fuga che contraddistingue i primi dai secondi e dalla conseguente necessità di avvalersi della protezione di uno stato terzo. In ogni caso il Piano stesso esplicita (per fortuna) che la strada che si vuole percorrere mira a individuare linee di intervento che valgano per tutti gli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia.
In estrema sintesi gli obiettivi che sono stati individuati sono: promuovere la convivenza con i cittadini italiani “nel rispetto dei valori costituzionali e con il reciproco impegno a partecipare all’economia, alla vita sociale e alla cultura dell’Italia; concorrere al raggiungimento dell’autonomia personale; ottimizzare le risorse economiche per evitare la duplicazione e superare la settorialità della programmazione degli interventi”.
Quindi lingua italiana, cultura italiana a partire dalla condivisione della Costituzione e adesione a tutti quei valori che Minniti ha definito “non negoziabili”, come l’uguaglianza dinanzi alla legge, la pari dignità sociale, l’uguaglianza di genere e il rispetto della laicità dello Stato.
Tanti i soggetti istituzionali coinvolti nell’applicazione dell’iniziativa, oltre al ministero dell’Interno: i ministeri di Lavoro, Esteri, Giustizia, Istruzione, Salute e Politiche agricole, l’Ufficio nazionale anti discriminazioni razziali (Unar), Regioni, Enti locali e Terzo settore.
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