Sono 205 mila i richiedenti asilo e rifugiati presenti nelle varie strutture di accoglienza del “sistema” italiano, la stragrande maggioranza nei CAS. L’ANCI, Caritas Italiana, Cittalia, Fondazione Migrantes (con la redazione di Vie di fuga) e Servizio Centrale dello SPRAR, in collaborazione con l’UNHCR, presentano oggi il Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2017. In una decina di “focus”, fra l’altro, il documento affronta l’argomento degli “esclusi dal sistema”, quello degli hotspot, quello dei richiedenti asilo che fanno ricorso contro un diniego, quello della cooperazione con i Paesi terzi d’origine o di transito, dell'”accordo” UE-Turchia «un anno dopo», della grottesca “Europa di Visegrad”, dei “reati di solidarietà”. Mentre altri ancora offrono un quadro aggiornato sulla situazione socio-politica di alcuni sfortunati Paesi-chiave delle odierne migrazioni forzate. Da domani il Rapporto integrale on line su Viedifuga.org.
Alla metà di luglio 2017 i richiedenti asilo, rifugiati e migranti presenti nelle varie strutture di accoglienza erano 205 mila (alla fine del 2016 erano circa 188 mila). I CAS, cioè i Centri di accoglienza “straordinaria” coordinati dalle Prefetture, continuano a essere quelle di gran lunga più utilizzate con 158.607 accolti. I centri di prima accoglienza ne ospitano 15 mila. Mentre la rete degli enti locali dello SPRAR, quella di maggior qualità, ancora oggi accoglie appena 31.313 persone.
Fra 2014 e 2016 la “forbice” CAS-SPRAR non ha fatto che crescere, come registra il Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2017 che viene presentato in queste ore a Roma: «La presenza di richiedenti nei CAS è aumentata del 286,5%, mentre lo SPRAR ha registrato un incremento di circa il 50%».
Nel complesso, oggi il sistema di accoglienza è arrivato a comprendere solo quattro Comuni su 10 (3.231), un terzo dei quali si trova fra Lombardia (20% circa) e Piemonte (11%). Ma «l’incidenza più elevata tra Comuni coinvolti nell’accoglienza rispetto ai Comuni esistenti nella regione riguarda la Toscana (sul totale dei comuni toscani ben l’83% accoglie richiedenti asilo) e l’Emilia-Romagna (78,1%)».
“Piano nazionale integrazione, solo il primo passo”
Ormai giunto alla quarta edizione, il Rapporto sulla protezione internazionale in Italia è realizzato dalle maggiori realtà del Paese impegnate nei settori dell’accoglienza di migranti e rifugiati e del diritto d’asilo: ANCI, Caritas Italiana, Cittalia, Fondazione Migrantes (con la redazione di Vie di fuga) e Servizio Centrale dello SPRAR, in collaborazione con l’UNHCR.
Affermano le organizzazioni promotrici nell’Introduzione del Rapporto: «Negli ultimi decenni siamo stati testimoni di una umanità in fuga da guerre, conflitti, persecuzioni, e spesso, contestualmente, dalle crisi ambientali o dal mancato accesso alle risorse, che ha trovato in molti Paesi come l’Italia una soluzione al suo bisogno di protezione. Ed è intorno a questo bisogno che è nato e cresciuto un sistema “multilivello” capace di dare, seppure con limiti e criticità, accoglienza a migliaia di richiedenti asilo. In questi anni, istituzioni, enti locali e terzo settore hanno cooperato per raggiungere questo obiettivo, per dare senso alla parola “accoglienza”, arricchendola di valore e significato».
«Purtroppo però – si osserva ancora nell’Introduzione – si tratta di uno sforzo che, pur nella sua straordinarietà, oggi deve fare i conti con un contesto storico, sociale e politico nel quale tutte quelle certezze che avevamo consolidato nel tempo sembrano ormai vacillare. I valori e i principi su cui abbiamo immaginato fino a ieri di ispirare l’azione “umanitaria” verso i migranti, sono stati messi in discussione».
E infatti, questa solidarietà «sovente viene percepita più come un disvalore che non una virtù e sempre più mistificata e, al contempo, le scelte di sistema condotte da vari governi europei per tenere lontani i migranti vengono salutate con favore, nonostante siano adottate non di rado in palese violazione dei diritti umani».
Tra «luci e ombre» ANCI, Caritas, Cittalia, Migrantes, SPRAR e UNHCR sottolineano per l’ultimo anno, in l’Italia, sia lo sforzo per un’accoglienza “diffusa” (nonostante tutto, i Comuni che hanno accoglienze sono 1.000 in più rispetto all’anno scorso, e i posti SPRAR sono cresciuti da 26 mila a 30 mila), sia le misure del governo a favore dei Comuni “accoglienti”, pur nella «consapevolezza che il sistema ordinario è ancora sottodimensionato rispetto alle reali esigenze» e che «l’obiettivo di un sistema unico è ancora lontano».
Però ricordano anche che oggi «non è più sufficiente poter accogliere, ma è necessario saper integrare». E in questa direzione il recente Piano nazionale d’integrazione è solo il primo passo.
Turchia un anno dopo. E l'”Europa di Visegrad”
I tre capitoli del Rapporto sono preceduti, come ormai di consueto, da un documento di “raccomandazioni“ e sono dedicati rispettivamente al sistema di protezione internazionale in Italia, alla protezione internazionale in Europa e alle dinamiche e flussi delle migrazioni forzate nel mondo.
Il primo capitolo dedica, fra l’altro, ampio spazio all’accoglienza nella rete SPRAR. I primi due ai minori non accompagnati (richiedenti asilo e non). Il secondo ai flussi e alle contraddizioni causati dall’applicazione dal regolamento “Dublino III“. Il terzo è introdotto da un bilancio sulle guerre e crisi nel mondo fra 2016 e 2017 e sugli altri motivi di fuga. E tutti e tre, naturalmente, analizzano e approfondiscono i flussi di richiedenti asilo alla luce della protezione che essi ottengono (o non ottengono).
Una decina di “focus” affrontano l’argomento degli “esclusi dal sistema“, quello degli hotspot, quello dei richiedenti asilo che fanno ricorso contro un diniego, quello del “Codice ONG“, dei soccorsi in mare, dell’accoglienza ecclesiale, dei rifugiati “LGBTI“, della cooperazione con i Paesi terzi d’origine o di transito, dell’“accordo” UE-Turchia «un anno dopo», della grottesca “Europa di Visegrad” e dei “reati di solidarietà“.
Mentre altri ancora offrono un quadro aggiornato sulla situazione socio-politica di alcuni sfortunati Paesi-chiave delle odierne migrazioni forzate: Pakistan, Bangladesh, Sudan e Sud Sudan, Ciad, Niger, Egitto e, naturalmente, la Libia.
Il Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2017 sarà disponibile in versione integrale su Viedifuga.org a partire da domani (link all’apposito banner nella parte destra dell’homepage).
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