I nuovi dati EASO su richiedenti asilo ed esiti in tutto il 2017 nel territorio dell'”UE+” a confronto con gli indicatori del Global Peace Index. Nell’anno gli esiti positivi in prima istanza sono crollati al 40% di tutte le domande esaminate, perdendo 17 punti percentuali rispetto al 2016. Ma intanto i richiedenti protezione continuano ad arrivare dai Paesi con gli indici di pace militare e sociale più bassi al mondo.
Nel 2017 le richieste d’asilo nel territorio dell’“UE+” (Paesi dell’UE con Svizzera e Norvegia) sono diminuite per il secondo anno consecutivo: 706.913 secondo dati EASO (-43% rispetto al 2016). Ma questa cifra, poco superiore ai livelli del 2014, indica un considerevole e ormai costante bisogno di protezione nell’Europa più o meno “unita”.
Nel corso del 2017, di mese in mese il consueto “trend stagionale” (che vede l’arrivo di un maggior numero di richieste di protezione durante l’estate) è stato meno visibile che nel triennio precedente. Sul totale delle quasi 707 mila richieste d’asilo, il 3,5% riguarda minori non accompagnati, circa 24.700 bambini e ragazzi.
Sempre Siria, Irak, Afghanistan…
In generale, per il quinto anno consecutivo il maggior numero di domande di protezione è arrivato da persone fuggite dalla Siria (oltre 98 mila). Le provenienze più numerose sono a seguire l’Irak, l’Afghanistan e la Nigeria (oltre 40 mila da ciascun Paese). Questi soli quattro Stati cumulano insieme un terzo delle domande di protezione totali.
Completano l’elenco dei maggiori 10 Paesi di provenienza il Pakistan, l’Eritrea, l’Albania, il Bangladesh, la Guinea e l’Iran. Per quanto riguarda Bangladesh e Guinea i richiedenti asilo sono stati più numerosi che nel 2016. Su una scala assoluta più ridotta, il 2017 ha visto in netto aumento i richiedenti di cittadinanza venezuelana (+ 158%), turca (+ 45%), georgiana (+ 35%) e ivoriana (+ 24%).
Esiti positivi, persi 17 punti percentuali
Particolarmente preoccupante il dato annuale 2017 sugli esiti positivi in prima istanza, che nelle statistiche EASO comprendono solo lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria, le uniche due forme soggette alla normativa dell’UE (è esclusa quindi la protezione umanitaria).
Su 982 mila decisioni emesse in tutta l’”UE+” l’anno scorso (- 13% rispetto al 2016), quelle positive sono state solo il solo il 40%, 17 punti percentuali in meno rispetto al ’16.
Sotto la lente del “Peace Index”
Per l’EASO questo crollo è «l’effetto combinato di un maggior numero di decisioni su cittadinanze che ottengono tassi di riconoscimento più bassi (quali quella afghana, nigeriana e pakistana), associato alla diminuzione del numero di decisioni emesse su siriani ed eritrei, che sono caratterizzati da tassi di riconoscimento più elevati».
Ma intanto, il quadro della situazione nei principali Paesi di provenienza rimane tragicamente sconfortante: secondo gli indicatori sintetici del Global Peace Index, Siria, Irak e Afghanistan sono i Paesi con l'”indice di pace” militare-politico-sociale più basso al mondo (al fondo della categoria dell’indice di pace “molto basso”, e l’Afghanistan con tendenza al peggioramento). La Nigeria è all’ultimo posto della categoria dell’indice di pace “basso”, mentre pure il Pakistan si trova nella categoria dell’indice di pace “molto basso” (per quanto con tendenza al miglioramento) e l’Eritrea di quello “basso” (peggioramento).
Global Peace Index, che cos’è?Le graduatorie del Global Peace Index sono elaborate dall’Institute for Economics and Peace (Sydney, New York, Città del Messico, L’Aja, Bruxelles e Harare) sulla base dei conflitti internazionali e civili in corso, della sicurezza sociale e del grado di “militarizzazione” in 163 Paesi del mondo. L’Italia si trova oggi nella 38ª posizione (a metà dell’area del “grado di pace elevato”). Per saperne di più: il rapporto Global Peace Index 2017 |
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